Di soglia in soglia
Paul Celan ha parlato una volta, in una poesia inedita del 1955, di una parola di soglia (Schwellenwort). Parola liminare, in bilico tra linguaggio e silenzio, presenza ed assenza, trascendenza e mondo sensibile. È a partire da tali parole ed esperienze di confine che si sviluppa una serie di opere legate al tema del limen, inteso come frontiera che separa il mondo esteriore da quello interiore ma allo stesso tempo costituisce un varco, un'apertura che le pone in comunicazione.
La soglia rappresenta un luogo paradossale che allo stesso tempo unisce e divide, uno iato che è al contempo baratro e appiglio per lo sguardo. È limite, confine, ma al contempo luogo di incontro, punto di passaggio tra due spazi irriducibili, luogo critico che rappresenta il momento decisivo della traduzione del possibile in evento.
La soglia è il luogo abitato metaforicamente dal poeta o dall'artista, consegnati a questa terra di mezzo, viaggiano sul crinale, dove ogni tanto possono capitare, quei rari e brevissimi momenti in cui conoscenza e azione coincidono. E quindi l'artista si lancia in questa impresa, spesso scomoda, di realizzare quello che dice. Per far sì che qualcosa di ideale sia allo stesso tempo qualcosa di reale, per far sì che le metafore possano essere toccate e vissute con il corpo.
Una pittura che crea nei punti di contatto nuove soglie sollecitando ad incontrare nel quotidiano e nell'ordinario ciascuno la propria attraverso una continua capacità di allusione a quel reale che non si esaurisce nel visibile.
Come in campo aperto, luogo di lotta e risonanza, nei suoi quadri due regioni spaziali sono portate a lambirsi, in quell'incontro, definito come luogo di possibilità o zona (o)scura, che l'autrice stessa chiama Via di mezzo.
Ed ecco la soglia, davanti alla quale sentiamo poco a poco che perdiamo piede, il momento esatto in cui si è portati a scegliere se porre resistenza o entrare in qualcosa di completamente sconosciuto, come una proposta di avventura.