L'opera fa parte della serie Via di mezzo [di cui sopra] ed è stata realizzata ed esposta in occasione di CROSSROADS (2023) alla Galleria Umberto Benappi di Torino, una mostra dedicata alla galleria intesa come crocevia e luogo nevralgico di scambio. Sono stati invitati professionisti del settore – galleristi, scrittori, collezionisti e non solo – a presentare un artista e il suo lavoro. L'intento del progetto è stato quello di ricostruire attraverso questi incontri un dialogo a più voci, tra video, interviste e opere, per evidenziare le relazioni umane da cui si dipana il progetto espositivo. La galleria intesa come spazio fisico, testimone di una stratificazione di eventi, ma anche e soprattutto come spazio di relazione, di incontro, un punto di riferimento che non è statico, si sposta con noi. Un po' – e da qui l'idea del cerchio – come una goccia che cade su uno specchio d'acqua, e da lì poi si propaga e va ad incrociarsi ad altre, si apre e cresce all'esterno ampliando il suo raggio d'azione. Il cerchio come metafora di questo centro, per riportare l'attenzione in quel preciso punto in cui la prima goccia è caduta.
«Perché il cerchio mi affascina?
È la forma più modesta, ma si impone incondizionatamente.
È una variabile precisa, ma inesauribile.
È contemporaneamente stabile e instabile.
È contemporaneamente sonoro e morbido.
È l'unica tensione che ne contiene innumerevoli altre.
Il cerchio è la sintesi delle più grandi opposizioni»1
Il gesto va così a disegnare il cerchio, quello “spazio utopico” (da intendere come lo disegnava E. Bloch), quell'area di manovra in cui è possibile non solo cimentarsi con l'alterità, con l'Altro-da-noi che è in noi, ma anche ripensare i confini, gli equilibri e le contraddizioni tanto problematiche quanto urgenti nel mondo in cui viviamo. Pur sorgendo da un'infinità di antitesi, condizione di ogni produrre, oggi forse più che mai l'agire estetico necessita di questa tensione tra i due mondi perché, proprio nel periodo più secolarizzato della storia, gli artisti potrebbero ancora mostrare l'invisibile come strumento critico del presente.
1 WILL GROHMANN, Wassily Kandinskij. Vita opere, Milano, 1958, p.188.