Questo lavoro nasce da uno studio su un manicomio abbandonato situato in Lombardia. Ogni singolo elemento dell’opera proviene dalla fossilizzazione della forma di oggetti trovati nel luogo interessato, poi composti a formare un solo elemento. Nell’ opera vengono “impresse” le storie degli oggetti, non solo la forma materiale ma anche lo spazio affettivo che occupano, “è il peso che noi diamo a qualcosa che la rende grande”. In questo “non luogo” si percepisce un’atmosfera sospesa a metà tra il reale e il surreale, in cui la storia passata è molto più presente e viva dei resti materiali. Mattoni caduti, finestre rotte, arbusti nati tra le crepe, vecchie tende strappate sono quello che resta di questo luogo e nell’opera diventano le voci di chi ha vissuto per anni tra quelle mura.