A partire dalla citazione di Bruno Munari “Ho cercato di far vedere agli altri l’arcobaleno di profilo” è stata intrapresa una ricerca sull’importanza di vedere la realtà e tutto ciò che la circonda, da diverse angolazioni, da più punti di vista, espandendo i propri orizzonti a prospettive alternative.
Ispirandomi al pensiero dell’artista propongo un progetto d’installazione legato al simbolo della speranza: l’arcobaleno. Con l’analoga intenzione di invitare l’individuo a non imporre limiti all’immaginazione e alla creatività, ad ampliare il proprio modo di vedere, di vivere gli istanti, di abitare la natura. Viene messa in discussione la capacità relazionale che l’uomo ha per sé, con il prossimo e con l’ambiente di cui crede di far parte (che sia vicino/ lontano, conoscente/ sconosciuto). È un invito ad apprezzare l’arte del vivere, a dar voce alla propria essenza e alla libertà d’espressione. È un invito alla valorizzazione dell’esistenza.
Nella lateralità del pensiero, viene data (allo spettatore) la possibilità di scegliere, in base al tipo di “rimbalzo emotivo” ricevuto, cosa effettivamente significhi per lui. Il simbolo dell’arcobaleno, emblema di speranza, ricopre proprio il ruolo d’augurio sincero - spero (davvero) tu possa capire, se per te sia l’inizio o la fine - messo in pratica nella realizzazione materiale dell’opera.
Si tratta di sette pannelli in plexiglass, dai rispettivi colori dell’arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Strutturalmente i pannelli verranno posti ad incastro: 4 anteriori e 3 posteriori. La vivace saturazione ottenuta dall’applicazione di pellicole colorate trasparenti e la sovrapposizione allusiva dei pannelli renderanno l’effetto di coesione armonica tipico dell’arcobaleno, grazie appunto ad una formazione a scacchiera che poggerà su base in dibond bianco opaco.
L’invito a guardare da punti di vista differenti, a non fermarsi all’unilateralità visuale o di pensiero, (qui) è rivolto a tutti, indipendentemente dall’età. Il segreto sta quindi nel mantenere la spontaneità del nostro “sguardo infantile” pieno di stupore e meraviglia, in grado di vedere le cose dai più svariati punti di vista, senza preconcetti o idee fisse, in reazione al disincanto che permea tra i contemporanei.