La mia è una ricerca oltre di ordine etico-concettuale anche, se non
soprattutto estetico, in cui il manufatto raffinato diventa totem
ironico a volte ludico, che spesso si crogiola nell’edonismo e
nichilismo di superficie, dimenticando quei valori come ad esempio la
maternità, oppure la pace, per concedersi alla forsennata velocità,
all’angoscia o perdita di se fino alla deformazione o alla negazione
della propria immagine. Nei miei lavori vi sono sempre superfici
riflettenti in cui specchiarsi, al fine di accettarsi per quello che si
è, cioè “eterni teatranti “ in un eterno divenire tra nero e bianco,
tra “luce e buio“ cadute e risalite.