Il pannello «Freedom» è un oggetto di alto artigianato e per la sua unicità diviene una vera e propria opera d’arte. È un esercizio di stile e metodo.
C’è un riferimento attributivo immediato all’artista giapponese Yayoi Kusama, la quale ha affermato che per produrre le sue camaleontiche opere, non realizza un bozzetto preparatorio, le sue sono costruite per lo spazio di cui l’artista è padrona. In questo io credo siano simili, nel non creare un bozzetto di riferimento.
Rispetto all’artista giapponese lo spazio dell’opera di Brunetti è indubbiamente uno spazio dato, è geometria, le coccinelle sono disposte con una logica, ogni mattonella ha un rapporto ben preciso con l’altra generando uno spazio di continuità. Continuità che non è data dalla mera riproducibilità dell’oggetto poiché i coleotteri sanno esattamente dove andare, convergono in un punto. Il fiore centrale fa esplodere l’opera, il nostro sguardo converge al centro. Fissando l’opera la sensazione è che inizi a muoversi cineticamente, l’opera pulsa, si apre e si chiude. Il decoro ha indubbiamente una ripetitività tutta orientale, ma agisce nel nostro subconscio come un’opera d’arte in movimento, raggiungendo un effetto optical.
«Freedom» è pura forma e materia e interagisce nello spazio percettivo dell’osservatore, che addentrandosi in questa coltre di insetti, raggiunge il fondo in cui i pois rossi lo spingono a vedere e capire che è nella assoluta e apparente semplicità che si riconosce un’artista artigiano.