La serie Antropocibus è nata in tempo di COVID-19 e quarantena.
Appassionato di cucina, per settimane ho preparato i miei
piatti nel modo migliore che la dispensa potesse consentirmi. Ho fotografato
ogni piatto e – a volte – anche le fasi della preparazione.
Le materie prime che utilizzavo, con la loro varietà e
precarietà, hanno man mano portato il mio interesse verso la biodiversità e l’Ambiente
modificato dall’uomo.
Ho iniziato a vedere il cibo che preparavo come effetto di quella
antropizzazione: gli ingredienti che utilizzavo e trasformavo in pietanze erano
comunque prodotti della Natura ri-maneggiata da noi.
I piatti dei quali conoscevo la tipicità e la
territorialità sono diventati immagini associate a territori sfruttati o che
stanno subendo le conseguenze di scelte che ne cambiano profondamente la
natura.
Dai luoghi familiari e identitari, l’attenzione si è
spostata alla globalità del nostro pianeta. Più mi inoltravo in territori
inesplorati, più il cibo diventava il simbolo dello sfruttamento del suolo.
Desertificazione, consumo delle acque, incendi di foreste,
scioglimento dei ghiacci hanno acquisito per questo un significato legato anche
al cibo, sia per necessità di una corretta alimentazione, che per le strategie
di utilizzo intensivo.
Ho iniziato ad esplorare il Mondo attraverso Google Heart,
a immaginare le relazioni tra il mio cibo e quei luoghi, riscrivendone una
geografia immaginifica attraverso il linguaggio ambiguo della fotografia.