Nella percezione comune, la vendetta è qualcosa di condannabile, talvolta infantile e scorretto. Spesso si dice che è meglio “non abbassarsi” al livello di chi ci ha ferito e di essere superiori andando oltre, ma a volte è necessario fare i conti con il proprio dolore e riconoscere i propri bisogni. Talvolta ferire indietro chi ci ha arrecato del dolore è l’unica soluzione per poter andare avanti. Scavare dentro le proprie angosce, guardarsi in faccia, accettare i propri lati e i desideri più subdoli e cattivi è l’atto più onesto che si possa compiere.
La Vendetta è qui rappresentata come una figura ancestrale quasi protettiva e rassicurante, che guarda dall’alto e aspetta.
Non si concretizza necessariamente attraverso gesti plateali e distruttivi - la si può riconoscere in piccolezze che accadono (o facciamo accadere) e che ci danno la sensazione che le cose siano tornate al proprio posto. Si tratta di affidare dei piccoli gesti al flusso degli eventi, avendo fiducia in una sorta di ecosistema karmico.
È un delicato equilibrio tra azioni esplicitamente dannose, atti subdoli e occulti e fede nel karma.