Nell’opera sono raffigurate otto persone che premono i loro
volti e i loro corpi contro la barriera che gli impedisce di uscire dal
quadro.
La prigionia al quale si fa riferimento nel titolo è la
malattia mentale, che è una prigione dalla quale è più
difficile uscire, perché costruita su un tessuto di vissuti, relazioni e
propensioni che si intrecciano.
A tal proposito i soggetti raffigurati non presentano unicamente espressioni di terrore o ansia, ma anche di tranquillità e arrendevolezza. Una prigione, resa accettabile da abitudine o mancanza di consapevolezza, può risultare seducente,, in un’ottica nella quale il malato può vivere un’egosintonia che gli impedisce di riconoscere un
disturbo come tale, perché coerente con l’immagine che ha di sé. Non è escluso che alcuni soggetti possano anche non voler fuggire.
La monotonia cromatica dell'opera aiuta a mettere in
evidenza il senso di stordimento e offuscamento che avvolge la mente delle
figure rappresentate.
La mancanza di elementi figurativi specifici che fanno
riferimento alla malattia mentale è legata al desiderio di non indirizzare
l’osservatore e dare la possibilità a chiunque guardi l’opera di riconoscervi
la propria impossibilità di fuga, la propria personale prigione.