Il trittico appartiene a una serie più estesa volta a riflettere sull’identità umana e sulla sua natura. Il lavoro presentato in particolare nasce come spunto di riflessione riguardo l’annullamento della stessa. Infatti molto spesso ci si sente incompleti e si considera ‘insatura’ la propria esistenza. L’identità, non è più definita dalla relazione ma dall’oggetto.Credenza comune vuole che il vuoto percepito sia dovuto alla mancanza di qualcosa facilmente reperibile sul mercato. Il mercato si fa edicolante e ogni giorno delizia con le uscite di ingannevoli frammenti di identità aventi, ovviamente, le fattezze di oggetti. In questo misero modo si sopperisce, senza saperlo, alla mancanza dell’Altro.La serie interminabile di acquisti come soluzione ad una scialba vita è destinata a fallire, la soddisfazione dura quanto la combustione di un fiammifero, il vuoto non riesce a colmarsi, anzi più si riempie di oggetti e più tende ad allargarsi. Questa fortezza materialistica che si costruisce di giorno in giorno, isolerà sempre di più dalle altre persone e fungerà da cassa di risonanza per l’angoscia.L’uomo moderno viene dunque rappresentato da un leggero panneggio vuoto in cui i vecchi valori sono stati sostituiti da interesse, apparenza e superficialità. Vuoti, disorientati, inghiottiti dai social, dalla voglia di apparire, dal bisogno di avere il proprio minuto di popolarità, di raccontarsi ovunque e comunque; persone alla ricerca della propria identità, la quale, in un modo o nell’altro, verrà sempre deviata da qualche variabile della vita impedendo il millenario desiderio di comprendere la propria origine e il proprio essere.Per sua stessa natura l’uomo non è in grado di comprendere oggettivamente questo tipo di realtà; al contrario, si limita ad interpretarla secondo il proprio desiderio. Da ciò deriva il totale annullamento dell’essenza umana, riposta in enti futili e di soddisfazione provvisoria e labile, destinati a svanire in pochissimo tempo. Non si coglie mai il reale funzionamento delle cose e, di conseguenza, di se stessi. Si è così chiamati a plasmare il proprio essere sulla base di una realtà fuggevole e impercettibile, come un panneggio che -privo di matericitá- muta la sua disposizione al minimo stimolo esterno. Chi siamo davvero?