Marzia Sacchiero vive a Negrar di Valpolicella e lavora nel suo studio di Affi (VR). Diplomata al Liceo Artistico ed ha frequentato l'accademia di Belle Arti di Verona. Si è trasferita per lavoro in una fattoria a Firenze, mantenendo sempre...
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Marzia Sacchiero vive a Negrar di Valpolicella e lavora nel suo studio di Affi (VR). Diplomata al Liceo Artistico ed ha frequentato l'accademia di Belle Arti di Verona. Si è trasferita per lavoro in una fattoria a Firenze, mantenendo sempre vivo l'interesse per la pittura. Rientrata a Verona ha ripreso sempre più intensamente l'attività pittorica. Sulla mostra personale del 11/05/2019 Racconti (Ri-Vestizioni), il prof. Flavio Ermini scrive questo profilo di Marzia:
Le vie della ricerca affidate al segno sono il più grande dono che la vita ci possa offrire. Unicamente così diventa possibile valicare il passo che ci porta verso noi stessi. Unicamente cosi - nel dire dell'immagine - il segno trova la propria modulazione. I segni d'arte di Marzia Sacchiero si estendono sul filo dell'orizzonte che unisce la terra al cielo. Il loro soffio vitale ci narra l'intima relazione che intreccia forme e colori alla natura. I segni d'arte di Marzia Sacchiero tracciano l'immagine di un'alleanza senza tempo, determinata da un doppio canto che parla di un'emozionante relazione tra l'armonia perduta e la minaccia di un turbamento.
Cose e persone, insieme, compiono un miracolo: regalano l'emozione di un incontro inatteso tra l'essere umano e gli elementi del suo habitat. Donano la grazia di una distanza abolita tra soggetto e oggetto: il giocoliere e le sue sfere colorate, lo strumentista e la sua fisarmonica, la pittrice e le sue cornici. Bisogna che il lontano si avvicini perché gli eroi possano registrare la storia della loro anima: un tempo nuovo palpita dopo il naufragio. Accade così che i corpi si liberino da tutto il peso della realtà per affidarsi a una sostanza che non ha determinazione locale, ma è trasportata da una suggestione d'infinito. Avviene che i corpi parlino con il linguaggio muto della bellezza ed è come se parlassero dall'altro versante della vita. Marzia Sacchiero lascia che le sue umane figure si chinino a misurare la terra, quasi per trattenerne quell'estremo bagliore, grazie al quale potranno circoscrivere subito dopo gli spazi celesti. Marzia Sacchiero aspira a un'armonia superiore che riesca a prefigurare un nuovo rapporto tra l'essere umano, consapevole della fine, e il semplicemente vivente (l'animale che niente sa del naufragio). Tale armonia è strettamente legata all'essenza del mondo. Senza l'una non si dà l'altra, e viceversa. Marzia Sacchiero ci porta sulla riva di mari primordiali; nell'infuriare del vento. Si tratta dello stesso vento che soffia dal paradiso perduto. Quel vento racconta - tra l'inquietudine umana e l'impassibilità animale - un mondo che lentamente si prepara alla nascita: la nascita di uno sguardo che si trasmette di specie in specie. Quel vento ci porta al cospetto di una natura vivente che ha cessato di essere cieca e si è affidata a segni predisposti alla culla della nascita; a segni che si costituiscono come visione di un'aurora perpetua, dove un'assoluta leggerezza consegna al nostro sguardo una luce che avvolge ogni cosa. Ci troviamo davanti a esseri umani e animali che si stagliano su un paesaggio splendente nel suo essere essenziale. Ci troviamo davanti a minuscoli mammiferi che convivono con grandi figure animali. Ci troviamo davanti a uccelli che si levano in volo e assecondano la misurazione del cielo. Qui scopriamo che niente contano i criteri del vero che finora abbiamo imparato dalle scienze. Il campo d'azione è il miracolo del presente, miracolo di cui Marzia Sacchiero è profeta. Ciò avviene dapprima con una perturbazione della distanza; e poi in un campo aperto di azioni possibili. Ci troviamo di fronte al trascorrere della sostanza comune a tutte le cose, attraverso tutti i regni: minerali, vegetali, animali e umani. In modo tale che ogni elemento, alla fine, ne è compenetrato, seppure con diverse gradazioni di densità e molteplici modalità di espansione. Ecco il "nuovo"; ecco quello che non c'era se non come traccia o cenno. E' l'incontro con segni e colori che hanno dissodato la radura in cui l'umanità può, pur nella sofferenza, vivere. Il cuore dell'essenza è racchiuso nel misterioso rapporto - oscuro e conflittuale - tra la luce piena della danza degli elementi e la presenza irrigidita del dolore, appena svelato dalle mani che coprono il viso. Un dolore che è al centro della misurazione e s'incarna in figure che sembrano precipitate da un altro cielo. Rischiamo di vedere in noi e intorno a noi una realtà frammentata, astratta, tanto da risultare incomprensibile. Ebbene, Marzia Sacchiero riesce a tradurre questa astrazione in immagini che hanno il respiro dell'esistenza; consentendoci così di accostarci a noi stessi. Il risveglio da un sogno? Si. Ma in un modo tutto particolare. Marzia Sacchiero ci invita ad intendere il risveglio dal sogno con come mero ritorno alla realtà e alle sue ingannevoli apparenze, ma come l'attesa di una trasfigurazione del mondo nella sua armonica essenzialità.