Mi chiamo Giulia Otta ( Savigliano, 17-04-1996), ho
frequentato il liceo artistico Ego Bianchi di Cuneo dove mi sono diplomata nel
2015 e successivamente ho studiato pittura all’Accademia Albertina delle Belle
Arti di Torino dove ho conseguito il diploma accademico triennale nel 2019.
Porto avanti diversi progetti
artistici tra cui quello a quattro mani con Michelangelo Giaccone, chiamato mogg, con il quale abbiamo ricevuto la
menzione speciale al premio Shingle22j della V edizione della Biennale d’Arte
Contemporanea di Anzio e Nettuno del 2015. Nel 2018 abbiamo organizzato, curato
e allestito la mostra ‘’mogg alla stazione’’ negli ex appartamenti dei
dipendenti delle Ferrovie dello Stato nella stazione di Mondovì (CN).
Il mio progetto personale è strettamente legato alla flânerie: la scoperta della tecnica e il successivo studio degli
autori che dal suo avvento ad oggi hanno collaborato a costruirne
l’affascinante identità mi ha aiutata ad identificare e definire ciò che da
tempo era diventato il mio metodo di ricerca e di lavoro. La fotografia, che
gioca un ruolo fondamentale nel mio lavoro senza esserne però la finalità, è lo
strumento che mi permette di raccogliere immagini e di catturare particolari
momenti e dettagli che hanno colpito la mia attenzione; talvolta dettagli e
particolari interessanti si rivelano solo con il successivo sguardo
all’immagine ferma creando così una duplice esplorazione che fa della scoperta
un momento sempre presente. Le immagini con le quali lavoro sono le fotografie
di viaggio, molto simili a quelle che ognuno scatta durante le vacanze, ma con
un particolare zoom su passanti e turisti che aggiungono all’elemento del luogo
–paesaggio spoglio- la valenza del tempo. Le immagini risultano chiassose e
divertenti, le figure raccontano storie e ne suggeriscono altre, accompagnano
lo sguardo dello spettatore nelle loro passeggiate e gli svelano la loro
quotidianità. Il passo successivo del percorso, che si realizza con serie di
disegni e opere pittoriche, aumenta ulteriormente la centralità degli individui
e della folla e consiste nell’eliminazione dello scenario: gli attori invadono
lo spazio vuoto indipendentemente dallo sfondo e dagli oggetti di scena, sono
estrapolati da qualsiasi contesto e ne danno vita a uno nuovo, libero e dal
potere immaginifico e narrativo. Il momento della revisione e della scelta
delle fotografie è molto simile al primo momento di esplorazione all’aperto, le
immagini bidimensionali scorrono come quelle tridimensionali dando vita ad un
luogo in cui entrare e in cui lasciarsi guidare dai piccoli dettagli che prima
erano sfuggiti allo sguardo. I movimenti delle masse turistiche, le pose
bizzarre di chi è intento a fotografare o a farsi fotografare, le possibili
relazioni tra persone sconosciute, tutto viene a galla mostrando il lato vivo,
cinetico, divertente e narrativo del luogo. Il passaggio dalla fotografia al
disegno è nuovamente un atto esplorativo, ma questa volta nulla può sfuggire
alla vista e alla mano, che insieme mettono in rassegna tutti gli elementi
selezionati dalla fotografia mettendo in luce ciò che ancora non era stato
scoperto. Con il disegno o con la pittura entro in contatto diretto con i miei
soggetti, busso alla loro porta e vi entro per un momento facendo la loro
conoscenza, per un momento io cammino con loro, mangio con loro o aspetto con
loro. Il risultato è quindi formato da una serie di immagini che si leggono
come una sorta di diario di viaggio, esse mostrano quell’elemento effimero che
è comune a tutti i luoghi del mondo ma che allo stesso tempo, come l’acqua,
ogni volta prende la forma del posto e assume caratteristiche diverse che
legano fortemente individui e luogo. Ogni ambiente determina il comportamento
dei suoi abitanti, che siano abitudinari o occasionali, definendo delle azioni
clichés ormai diventate parte integrante del luogo: i turisti che si fanno
fotografare nell’intento di sorreggere la torre pendente fanno parte del Campo
dei Miracoli di Pisa e dell’immaginario comune tanto quanto la torre stessa. È
quindi possibile, talvolta, nella serie di disegni, individuare ed immaginare
lo scenario mancante grazie al solo indizio delle persone che fluttuano nel
vuoto del foglio bianco. Il loro abbigliamento, le loro posizioni ed
interazioni danno un suggerimento sulla situazione da loro vissuta, a volte
senza ombra di dubbio, come nel caso dei bagnanti.
Il mio punto di vista è
solitamente alla stessa altezza dei soggetti, talvolta però, soprattutto nelle
immagini molto affollate, è rialzato e lontano: ciò invita a focalizzare
l’attenzione dapprima sul movimento dell’insieme, come le suggestive forme
create dal volo degli stormi di uccelli che velocemente si chiudono, si
distendono, si disperdono e di nuovo si uniscono. Così come il punto di vista,
anche la tecnica utilizzata varia per cercare di esaltare al meglio le
peculiarità di ogni immagine, non ci sono regole fisse su cosa selezionare
oppure eliminare dalla fotografia di partenza: l’immagine pittorica finale
riassume l’immagine fotografata negli elementi che maggiormente mi hanno
colpita e che fanno emergere la loro capacità di narrazione.