Fabio Masotti nasce il 13 giugno del 1957 a Roma dove, ancora oggi, vive e lavora, riconoscendo a questa città gran parte del merito della sua educazione alla bellezza.Dopo il diploma all’istituto tecnico...
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Fabio Masotti nasce il 13 giugno
del 1957 a Roma dove, ancora oggi, vive
e lavora, riconoscendo a questa città gran parte del merito della sua
educazione alla bellezza.
Dopo
il diploma all’istituto tecnico per geometri, mentre coltiva con passione la
sua formazione artistica, i suoi studi si indirizzano verso il mondo del
design. Frequenta quindi l’Istituto Europeo
di Design (IED) e si laurea nel 1979 in architettura d’interni.
Una
grande passione per i movimenti artistici del novecento guida la sua formazione
contribuendo alla nascita di un nuovo e personalissimo linguaggio espressivo
che si manifesta anche nel suo lavoro di architetto con la realizzazione di
numerosi progetti sia residenziali che pubblici oltre la creazione di molti
elementi di design fortemente contaminati dalla sua natura di artista.
La sua
ricerca artistica viene inizialmente ispirata dal surrealismo al quale si
avvicina con una pittura figurativa dai tratti molto personali. Verso la fine degli anni ottanta il suo
lavoro si evolve nella ricerca di un linguaggio in cui la materia e la forma
stessa dell’opera iniziano ad assumere nuova forza e valenza estetica, con un
conseguente e graduale abbandono del figurativo.
Inizia
la sua attività espositiva nella seconda metà degli anni settanta, numerose
sono le mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero, ma è la
mostra personale del 1994, alla Galleria Romberg di Latina, che segna l’inizio
del suo nuovo percorso artistico fortemente caratterizzato da una personale
ricerca sulla centralità dell’uomo, e della sua natura spirituale, che trova
espressione nella forma arcaica del “cuore”, icona pop dalla straordinaria
potenza mediatica.
La
forma del cuore, o almeno quella che noi tutti riconosciamo come il suo
simbolo, è il primo contatto che si ha con l’opera dell’artista ed è anche
l’unica concessione alla figurazione. Ma il racconto è oltre, l’immagine/icona
dell’opera è solo il suo contenitore mediatico, un limite che chiede di essere
superato..