Il disegno è sempre stato parte della mia vita. Ho sempre sentito qualcosa nelle mie mani, un pizzicorio che mi spingeva a disegnare, disegnare e poi ancora disegnare. Dopo essermi diplomato nel 2010 all'istituto statale d'arte Bruno Munari di Vittorio Veneto e aver passato anni difficili della mia vita, ho fatto si che la mia vita diventasse il disegno stesso. Dipingo, lavoro e vivo nel mio studio a Vittorio Veneto. Nel 2013 ho vinto il Premio Internazionale ProArte a New York in occasione dell'anno della cultura italiana negli USA. Cerco da sempre di sviluppare e maturare un mio specifico linguaggio grafico-pittorico calato nella contemporaneità, ma che affondi radici interiori nel passato.
Per motivi di ingerenza economica ho iniziato dipingendo cartoni da imballo che raccoglievo la mattina presto nella spazzatura della mia città tanto che dopo alcuni anni ero diventato per tutti "l'artista dei cartoni".
Tutt'ora trovo affascinante rendere opera un supporto per tutti ormai definito spazzatura, anche se applico la mia arte anche in altri materiali. Traggo ispirazione dal mio modo di vedere e sentire il mondo, che per me è soprattutto ingiustizia, dolore, ma infondo speranza. Nei volti, negli occhi, nelle pieghe, nei capelli al vento e nei colori riverso tutte le emozioni che riempiono il mondo: desideri, fallimenti, debolezze, passioni. Tendo a raffigurare volti tristi, occhi bloccati e ripresi nel secondo prima di piangere, bocche socchiuse e dubbiose, pelli scavate e capelli di medusa al vento volti ad incatenare lo sguardo dell'osservatore in un'ipotetica condivisione di intenti e promesse.
Ogni secondo della mia vita porta ad un nuovo segno, un nuovo colore o una nuova forma.
In ogni caso quando chiudo gli occhi vedo i miei volti prendere forma, molte volte sono incubi, altre volte sono bambini che ballano tra i fiori. Passo velocemente da situazioni di apparente calma e staticità, giocate su composizioni di fiori o cuori, a scene di feroce sovraesposizione fisica, in un magma di angoscia e bellezza, introspezione e disagio, libertà assoluta dagli schemi, ma allo stesso tempo narrazione onirica e presagio seguendo quindi quelli che sono i movimenti alla base della vita stessa.
Le superfici che dipingo rispondono ad una sorta di narrazione interiore, in cui il segno diventa lettera di un sentire autentico e profondo che si eleva a grido personale di protesta nei confronti del tempo presente che non appaga e delude perché impregnato di contraddizioni e falsità. Un tempo presente che cerco di rappresentare nelle mie opere affrontando eticamente problemi esistenziali quali l'inquinamento, la droga, la follia, il disastro della guerra e lo sradicamento dell'uomo moderno dal contatto con la natura: l'uomo diventa una macchina, un robot, tutta materia e poco spirito.
Non ho mai cercato e mai cercherò di rappresentare la bellezza e la perfezione, ma cerco costantemente la dolcezza nell'imperfezione. Quello che immagino, sogno e dipingo è sempre la stessa cosa. Una faccia mai perfetta, ma mostruosamente espressiva, circondata da bellezza. Lo faccio perché credo che questa sia la vera essenza dell'essere umano, per quanto molti di noi cerchino di mascherarlo. Bello su bello non mi è mai piaciuto, quello che da sempre amo è il contrasto forte, come nei colori che uso. Raffiguro il disadattato, il folle, l'alienato i quali diventano all'interno delle mie opere fulcro centrale della raffigurazione. Anche se viviamo in una società costantemente impostata ed attirata verso la ricerca della bellezza, ritengo che la perfezione non sia la vera essenza e che non ci attiri veramente, quello che cerchiamo è, in realtà, una "bellezza imperfetta", tanto sbagliata da farci impazzire, perché è l'errore che ci rende unici.
Questo mio stile è maturato con il tempo, ma sempre nella solitudine delle mie idee e con le mani sporche di colore. Non ho mai creduto nei collettivi e negli accademismi vari. Credo che un artista debba restare da solo e faticare e soffrire sapendo comunque che non arriverà mai, perché arrivare significherebbe fermarsi.
Vivo e sopravvivo grazie alla mia arte, anche se tra tutte le strade che avrei potuto scegliere, ho intrapreso la più difficile. Non è facile e non lo sarà mai, ma sono coraggioso e non ho paura della fame, ho solo paura della gabbia, quella in cui fin da quando nasciamo cercano di imporci, in un modo o nell’altro.