L’opera, che fa parte di
una installazione di sei video, è di impatto tagliente e trasmette con caparbia
lucidità l’angoscia derivante da un’ennesima, e sistematica, catastrofe ambientale.
Lo scenario, degno del migliore teatro
dell’assurdo, e le azioni minime, che sul finire della serie assumono forme e
sapori universali, catapultano lo spettatore in una dimensione meta-reale che,
epurata da ogni vezzo estetico e da distrazioni ausiliarie, diventa puro
sentimento.
I disastri ecologici generati dalle guerre,
dagli incidenti industriali, dall’incauta mano di chi sempre vuole ottenere a
scapito delle conseguenze, portano l’artista a visioni premonitrici non troppo
lontane dall’immaginario che la letteratura o il cinema hanno più volte
anticipato.
Sedotto da una atmosfera sottile, dal ritmo
alienante di un tintinnio prima (drammatica memoria delle radiazioni percepite
presso l’impianto nucleare di Fukushima dopo la disgrazia nucleare) e da una
musica straziante dopo, lo spettatore è abbandonato ad affrontare il proprio
mondo emotivo facendo i conti con la propria coscienza.