Movimento ed energia sono i motori che animano e scandiscono il ritmo della vita, sono stati di tensione che portano ad un conflitto tra il tempo reale e il tempo della coscienza, specialmente nella società contemporanea in cui la velocità sembra diventata una resistenza in sfida con la caducità dell'esistenza. Questi continui cambi di stato tra il mobile e l'immobile, tra pieno e vuoto, tra positivo e negativo sono tradotti in metafore scultoree o da gesti pittorici, immagini e simboli dell'impermanenza. Sono concezioni astratte che rivendicano il loro diritto di appartenere alla realtà dichiarando così un legame tra l'esistente e l'intenzione e hanno come unica costante la sensazione di uno stato transitorio, mutevole. “Punto di contatto” è un lavoro composto da moduli di polistirolo marchiati a fuoco con dei mestoli da cucina. La caratteristica del modulo ha il vantaggio di rendere flessibili le dimensioni dell'opera che da pittura può mutare in scultura o architettura capace di avvolgere interi ambienti. L'aspetto lapidario del materiale crea un'ambizione sulla vera natura del supporto che da leggero diventa percettivamente pesante come un blocco di pie tra. In “Punto di contatto” riconosco il gioco tra luce e ombra tipico della tecnica pittorica ma lo trasformo in un trauma, un gesto che toglie e lascia un vuoto dietro l'altro, un microcosmo di mancanze su una pelle sintetica. L'aspetto lapidario del materiale crea un'ambizione sulla vera natura del supporto che da leggero diventa percettivamente pesante come un blocco di pie tra. In “Punto di contatto” riconosco il gioco tra luce e ombra tipico della tecnica pittorica ma lo trasformo in un trauma, un gesto che toglie e lascia un vuoto dietro l'altro, un microcosmo di mancanze su una pelle sintetica. L'aspetto lapidario del materiale crea un'ambizione sulla vera natura del supporto che da leggero diventa percettivamente pesante come un blocco di pie tra. In “Punto di contatto” riconosco il gioco tra luce e ombra tipico della tecnica pittorica ma lo trasformo in un trauma, un gesto che toglie e lascia un vuoto dietro l'altro, un microcosmo di mancanze su una pelle sintetica.