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The work "Our Daily Bread and the Last AnthropoSupper" transcends our everyday world and forces us to reflect on the union between humanity and plastic material. A material that is both a symbol of human ingenuity and of the equally human lack of ability to manage innovations and predict their consequences.
The ubiquity of plastics, combined with inefficient management and a non-circular vision, has caused a plague of waste to invade our environment, from our seas to the atmosphere, from soil to the organisms themselves.
"Our Daily Bread and the Last AnthropoSupper" is a work that stands out for its objectivity. It draws inspiration from the belief that our food is the result of humanity's actions and inactions. This bread represents the food we contribute to create and now incorporate into ourselves. In this creation, we become what we eat and at the same time what we used, embodying water, flour and, inevitably, plastic.
The work "Our Daily Bread" is composed by several breads in a variety of shapes, flour and plastic mixture. It is created through a refined and ancient technical process: the mixture of flour, plastic waste and sourdough is left to rise for 48 hours. It is then cooked, cut, dried and subsequently injected with resin for conservation. It is available both as framed slices and as loaves cut into a variety of configurations.
"The Last AnthropoSupper" ( ITA: Antropocene -> ENG: Anthropocene | ITA: Cena -> ENG: Supper) is the installation of a wooden table laden with "Our Daily Bread" loaves in different shapes and composition, both intact and partly consumed, traces of left overs and crumbs.
"Our Daily Bread and the Last AnthropoSupper" is a work that invites us to reflect on the complex interaction between humanity and its "indelible" waste, challenging us to examine our impact on the environment and on our very being through a sensorial and visual experience. A reflection on our contemporary existence, imbued with plastic, but also imbued with the potential for understanding and transformation.
ITAL'opera "
Il Nostro Pane Quotidiano e l'Ultima AntropoCena" trascende il nostro mondo quotidiano e ci costringe a riflettere sul connubio tra l'umanità e il materiale plastico. Un materiale simbolo al tempo stesso dell’ingegno umano e dell’altrettanto umana scarsa capacità di gestire le innovazioni e prevederne le ricadute.La presenza diffusa della plastica nella nostra esistenza quotidiana è innegabile: fedele alleata dell'igiene e della conservazione alimentare, del progresso nell'ambito medico, dell'alleggerimento dei carichi e del miglioramento della performance e della sicurezza in svariati ambiti. Questa pervasività, associata a una gestione inefficiente e a una visione non circolare, ha causato una piaga di rifiuti che invade il nostro ambiente, dai nostri mari all'atmosfera, dal suolo agli organismi stessi.
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Il Nostro Pane Quotidiano e l'Ultima AntropoCena" è un'opera che si distingue per la sua oggettività. Essa trae ispirazione dalla convinzione che il nostro cibo sia il risultato delle azioni e delle inazioni dell'umanità. Questo pane rappresenta il cibo che abbiamo contribuito a creare e che ora incorporiamo in noi stessi. In questa creazione, diventiamo ciò che mangiamo e allo stesso tempo ciò che abbiamo impiegato, incarnando acqua, farina e, in maniera inevitabile, plastica.
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Il Nostro Pane Quotidiano” consiste in pani di varie forme e composizioni di farina a plastica. L'opera è realizzata attraverso un processo tecnico raffinato e in parte antico: l’impasto di farina, scarti di plastica, lievito madre viene lasciato lievitare. Dopo 48 ore di lievitazione viene dunque cotto, tagliato, essicato e successivamente iniettato di resina per la conservazione.L'installazione “
l'Ultima AntropoCena" prevede un tavolo con cavalletti, una tovaglia in lino grezzo e una tavola imbandita di pani di svariate misure e tagli, sia intatti che parzialmente tagliati e consumati, avanzi e briciole.
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Il Nostro Pane Quotidiano e l'Ultima AntropoCena" è un'opera che ci invita a riflettere sulla complessa interazione tra l'umanità ed i propri “indelebili” scarti, sfidandoci a esaminare il nostro impatto sull'ambiente e sul nostro stesso essere attraverso una straordinaria esperienza sensoriale e visiva. Una riflessione sulla nostra esistenza contemporanea, impregnata di plastica, ma anche intrisa di potenziale per la comprensione e la trasformazione.