Masafuera, più lontano
Un lembo di terra in mezzo all’infinito,
che sta al mare come l’uomo d’innanzi alle stelle; una forma indeterminata che
inizia a rafforzarsi nella luce crescente del pensiero, volto al riconoscimento,
al confronto ed alla lettura con l’immagine stessa.
Masafuera, più lontano, pone la
condizione di sentirsi un navigante impavido su di un mare in burrasca, mosso, in
tempesta, dove la bussola dell’orientamento è ormai perduta e la cui meta è
raggiungibile soltanto con la forza dell’immaginazione.
L’installazione è un’ analogia,
un’isola che può esistere in qualsiasi spazio, in qualsiasi luogo, non
determinato da una precisa posizione geografica, che si rende visibile ed
accessibile soltanto solo a chi intende imbarcarsi su di una zattera ed
affrontare la tempesta del proprio pensiero con l’obiettivo d’individuare nelle
viscere più profonde, memorie che come punti cardine di una mappa sconosciuta
guidano verso la camera oscura dei propri pensieri, dove le idee prendono forma
e i ricordi si materializzano, rendendo cosi Masafuera un’immagine familiare.
Smussata, lavorata, scolpita dal
tempo, erosa dai venti della vita, bianca, pura, candida, fredda come la neve,
Masafuera, posta in chissà quale antro del globo, ci conduce in uno stato di riflessione,
là dove l’immagine fluttua, quasi impercepibile, priva della forza di gravità
che ci tiene ancorati alle cose conosciute.
Il filo, primo elemento dell’opera,
con i suoi nodi, con le sue matasse, con i suoi grovigli, simboli di pensieri,
ricordi, legami, ci fa sentir parte di una comunità nella quale s’intrattengono
relazioni, amicizie, discordie, alleanze con altre persone.
Candido, leggero, il filo si
dirama, si propaga nello spazio, contaminando il luogo circostante ma anche il
pensiero di chi si relaziona con Masafuera, portando l’osservatore in uno
spazio sicuro, privato, individuale, in cui poter immaginare e raggiungere quella
sì lontana isola, suscitando una riflessione sul fatto che l’individualismo
radicale tipico di una remota isola sia in realtà malato e folle e che solo le
relazioni intessute, intrecciate come fili di una matassa ci fanno rimanere umani.