Material: Pannello di legno dipinto con acrilico con applicazioni di oggetti di plastica e giocattolo. Gli oggetti di plastica sono a loro volta dipinti con acrilici
Poetica: Il gravissimo problema dell'inquinamento dei mari da parte delle plastiche di qualsiasi genere è ormai di dominio pubblico. Il fragile equilibrio della vita marina vegetale ed animale è scosso dalla concentrazione sempre più elevata di ogni tipo di plastica e la catena alimentare sta subendo danni forse irreparabili. Ogni kilometro quadrato di acqua salata contiene circa 46.000 micro particelle in sospensione. La morte per fame o per blocco intestinale di molte specie marine é una delle conseguenze più drammatiche. L'opera intende denunciare il fenomeno dovuto principalmente all'ignoranza e all'incuria dell'uomo. Un modellino di balena è sperduto in un mare di sacchetti ed altri oggetti di plastica e privo di qualsiasi altra forma di vita. La stessa piccola balena può essere facilmente scambiata per un "rifiuto" ed in un senso, paradossalmente, lo è diventata a causa dei comportamenti umani. Nel momento in cui l'uomo non è più interessato alla cura e custodia dell'ambiente naturale, lo trasforma in una cosa che può essere rifiutata, in un rifiuto, appunto. Infine anche la colorazione bluastra delle plastiche allude al colore del mare, ma paradossalmente sembra “sporcare” gli oggetti di plastica, essere essa stessa una sporcizia. Dettagli: Il rapporto dimensionale tra il modellino della balena e il pannello coperto di plastica suggerisce la fragilità e la vulnerabilità dei processi naturali. Tra gli oggetti di plastica che costituiscono la massa di rifiuti, compaiono anche un blister per pastiglie ed un tubetto di colore per artisti. Quindi anche un oggetto creato per la “cura” delle malattie umane (il farmaco) può diventare un fattore di danno. Così come anche l'intellettuale che dovrebbe essere più sensibile di altri, se non si cura dei propri comportamenti diventa complice del danno. Nessuno si salva da solo. Infine il titolo "Mare nostrum" allude non solo al fatto che le isole di plastica si stanno formando anche nel Mediterraneo, ma anche al fatto che queste isole le abbiamo fatte noi, sono un "mare nostro".