Autore Andrea Muston
Titolo: IN MORTE DEL PHYSETER MACROCEPHALUS LINNAEUS ALBUS noto MOBY DICK
Dimensioni: cm 50 X 135
Tecnica: ASSEMBLAGGIO Acrilico su pannello di legno intelaiato con applicazione di giocattolo, sacchetto di plastica e avvolgimento con pellicola di plastica
Poetica: Il mito di Moby Dick è intramontato ed intramontabile. La balena bianca, che poi non è una balena, ma un capodoglio, comunque un leviatano, simboleggia alcuni elementi fondamentali della cultura e della psicologia collettiva.
Moby Dick è il "Male" contro cui l'uomo giusto deve battersi senza risparmio, ma è anche lo "Spirito indomito" che sfugge ad ogni tentativo di "cattura", di "regola".
Per capire a fondo il mito di Moby Dick bisogna confrontare le lunghe e un po' noiose pagine in cui Melville descrive la nave baleniera in tutti i suoi dettagli e le drammatiche pagine finali in cui la Balena Bianca distrugge la nave a testate. Per alcuni decenni del XIX secolo le navi baleniere hanno rappresentato il massimo della tecnologia in generale e di quella navale in particolare. Descrivendo la nave baleniera in ogni dettaglio, comprese le forniture per la lunga navigazione, Melville ci vuole dire che quella nave coinvolge il meglio che l'umanità può fare in termini di progresso tecnologico e di organizzazione di una comunità umana. Ma basta lo scatenarsi della furia della natura, rappresentata dal leviatano, per distruggere in poco tempo ogni tecnologia, ogni strategia, ogni “civiltà” umana. Ma oggi ci chiediamo: Moby Dick percorre ancora maestosamente la profondità del grande mare oceano?
Sempre maestoso ed indomabile
levi al cielo la grande coda pinnata
per poi scendere con lenta eleganza
sino al fondo dell'abisso insondabile.
Quante volte con la tua corsa veloce
hai beffato le baleniere assassine:
ogni solco d'arpione sulla tua pelle
mostra il fallimento della caccia feroce.
Con la storta mandibola che tutto mastica
hai solcato inarrestabile ogni mare,
solo il tradimento ha potuto ucciderti,
soffocato da un sacchetto di plastica.
Quindi l'indomabile leviatano non è sconfitto da una feroce caccia santamente giustificata e tecnologicamente avanzata, ma dal banale incontro con un rifiuto di plastica gettato in mare da un qualsiasi sporcaccione con stupida noncuranza.
Invece della mitica lotta tra lo spirito indomito della natura e la razionale ferocia dell'uomo, in uno scontro epico che rappresenta una sorta di armagheddon, assistiamo alla morte e alla solitudine per inquinamento. Può trattarsi della manifestazione aggiornata della “banalità del male” di Arendtiana memoria.
Dettagli: Il giocattolo usato per rappresentare il leviatano è una produzione particolarmente attenta agli aspetti effettivi naturali del capodoglio. L'autore è limitato alla colorazione bianca per richiamare direttamente il mito di Moby Dick.
Le colorazioni scure del pannello che vanno via via schiarendosi verso l'alto accennano e una velata possibilità di redenzione ecologica. Così come la striscia di colore più chiara posta nella parte superiore del pannello che ricorda volutamente le opere di Mark Rothko. Se nelle opere del Maestro si esclude una rappresentazione espressionistica del “paesaggio” per parlare dei semmai di un “paesaggio emotivo”, qui si intende, con tutta l'umiltà possibile, esprimere sia un paesaggio fisico - quasi un orizzonte direi - sia un paesaggio emotivo per accennare ad una possibilità di salvezza dall'inquinamento.
L'elemento di plastica che soffoca il leviatano è un normale sacco che utilizziamo tutti i giorni e allude al fatto che ogni piccola azione quotidiana, se ripetuta milioni di volte, può generare un disastro oppure la salvezza. Così come "l'impacchettamento" simbolico del mare con la pellicola di plastica denuncia la scarsa attenzione alla gravità del problema dell'inquinamento marino.
La dimensione fortemente verticale del pannello vuole suggerire una profondità che non è solo quella fisica dell'oceano ma anche quella del problema di un'incultura disattenta ai problemi del pianeta.
Loreto, luglio 2020 Andrea Muston