Il mio progetto nasce da un’associazione di immagini: abitando accanto ad un fiume mi capita spesso di vedere, attaccati agli alberi in prossimità dell’argine, dei grumi di rifiuti che si avvinghiamo ai rami trascinati dalla corrente nei periodi di piena.
Questi ammassi di filamenti di immondizia mi ricordano dei bozzoli; infatti la sericoltura è stata ampliamente praticata fino alla metà del secolo scorso nella mia zona per l’intensa presenza di gelsi, di cui i bruchi si nutrono.
Il baco da seta crea il proprio bozzolo col fine di evolversi, crescere e trasformarsi in meglio (in farfalla), allo stesso scopo, di miglioramento della propria vita e di evoluzione, l’uomo si è circondato di oggetti e imballi di plastica che fossero più pratici, leggeri, economici.
Nella sericoltura il baco è però destinato a una triste fine, infatti quando i bozzoli vengono raccolti dai rami di gelso, il bruco ancora non è uscito dal suo involucro. Poichè quando la metamorfosi arriva a termine e l’insetto adulto esce dal bozzolo praticando un foro secernendo una sostanza che rovina il filo, le crisalidi vengono uccise prima che il processo di trasformazione giunga a compimento.
Il bozzolo che l’insetto ha prodotto e che dovrebbe migliorare la sua condizione di esistenza, rappresenta per lui anche una condanna a morte.
Così ho voluto creare un grande bozzolo, a grandezza umana interamente realizzato con la plastica che ho trovato avvinghiata ai rami sul fiume entro i confini del paese in cui vivo.
Ho raccolto il materiale per la realizzazione dell’opera lungo la riva destra del fiume Brembo, in una distanza di 2 km. Ho tagliato ed unito la plastica in un unico filo che poi ho intrecciato con la tecnica dell’uncinetto.
Con quest’opera ho voluto creare un parallelismo tra il baco e l’uomo: come il baco è condannato a morire per la produzione di seta, così anche l’uomo, che ha voluto utilizzare la plastica in modo smisurato ed incontrollato, ora si ritrova a dover affrontare le conseguenze di tale operazione ed è condannato a conviverci.
Il baco si chiude nel suo bozzolo rispondendo ad un processo naturale, che viene però interrotto a causa dell’intervento umano che ne sancisce la morte. L’uomo a differenza del bruco, produce e utilizza il materiale plastico che non è essenziale per la sua sopravvivenza e di cui potrebbe fare a meno, ma che ora sovrasta l’ambiente in cui vive, inclusi i mari e gli oceani, danneggiando anche gli altri esseri viventi.Allestendo l’opera sulla riva del fiume e riportandola nel luogo in cui ho trovato il materiale voglio sensibilizzare colui che la vede sul fatto che la plastica, come un bozzolo, pian piano ci avvolge, ci circonda e ancora prima di rendercene conto vi rimarremo intrappolati esattamente come l’ingenuo baco, se non ne limeteremo l’uso e la dispersione nell’ambiente. Sul bozzolo da me realizzato vi è tuttavia un varco, un’apertura laterale, una via di uscita, in segno di speranza, che chi guardi l’installazione si renda conto della gravità della situazione e agisca di conseguenza per liberarsi da questo involucro da lui stesso creato.