La scelta del materiale crea un dialogo attraverso le figure, usufruendo della esperienza sensoriale e mistificazione comune di questi materiali come metodo espressivo nella mentalità comune.
Citando a Gombrich le caratteristiche formali dell’opera determinano e indirizzano il contenuto dell’opera.
Attraverso la visibilità del segno, della traccia degli utensili nella lavorazione, si riflette su due aspetti primordiali:
1 - La imperfezione di ognuno di noi: imperfezione segno della nostra umanità, tante volte rinnegata in nome di una perfezione inesistente, e che possiamo chiaramente rintracciare nella storia ma più principalmente in quella degli ultimi decenni attraverso le retti di contatto social media, e che, sebbene suppongano uno dei problemi sociali più ampiamente riconosciuti, rimane pericolosamente lontana da scongiurare.
2 - Il secondo aspetto sarebbe la evidenza della nostra esistenziale dipendenza: dipendenza perché, - si è visto anche durante la pandemia, ma si vede con l’avanzamento dello stato de deterioro della natura, senza che ci sia una responsabilizzazione personale - non riusciamo ad assicurarci una esistenza, siamo creature soggette alle circostanze esterne e sociali che ci hanno permesso di evolverci di una determinata forma, e a queste siamo soggetti per la continuità della nostra vita, breve e destinata ad una certa fine. Il segno di queste circostanze ci costruisce, ci limita e alla volta ci rende precisamente e personalmente unici e feriti.
Tutto questo per personificare una dimensione immateriale della donna, dell'uomo, dell’umanità dei nostri tempi.
E' questa la ragione di essere delle figure antropomorfe basate sugli elementi di canone mitificati elevati alla massima potenza per poi rimetterli a queste due ultimi leggi di vita, imperfezione e dipendenza, per creare dei nuovi personaggi mitologici contemporanee che ci aiutino a comprendere più da vicino la nostra identità come società globale così como una identità intima e personale. Eroi - o eroine - disposte a mostrare il risvolto più difficile, scomodo e travolgente della nostra umanità.
Francesca è la stessa che in tutta la storia viene rappresentata lasciandosi baciare da Paolo. Sì, Francesca da Polenta, quella della Divina Commedia. Ma non parleremo di lei per il suo assassinio da parte dal marito, il padre di sua figlia e a chi lei non aveva scelto come compagno. Anche se qualche parola viene in mente al merito.
Francesca parla del suo desiderio.
Il desiderio di vivere una vita che l'è stata tolta, di felicità.
Desiderio di libertà.
Quel desiderio che ci accomuna e ci fa alzare le mani e la testa verso il cielo e respirare profondamente sentendo l'aria che entra nei polmoni e che ci fa desiderare di abbracciare il mondo, e che ci fa vivere... perfino a rischio di commettere sbagli, ma intensamente.