Bellezza, Perfezione,
Astrazione, Violenza, Rinascita: sono questi i punti intorno a cui ruota la
serie Fade.
Interrogarsi sul concetto di Bellezza è una costante
nella Storia dell’Umanità. Anche inconsciamente, da quando l’Uomo ha iniziato a
rappresentare ciò che vede ha effettuato una scelta: cosa conservare e cosa
destinare all’oblio. Liberandosi dalle motivazioni legate all’utilità, la
rappresentazione ha suo malgrado creato dei canoni destinati a ripetersi,
essere riprodotti e visti. Influenzando, così, la percezione dell’osservatore e
la sua concezione della forma. Saffo scrive: “Ciò che è bello non è bello che
il tempo di guardarlo”. Kant definisce Gusto
la capacità di giudicare un oggetto o una rappresentazione basandosi sul
compiacimento o dispiacimento, senza alcun interesse. Ciò che è capace di
generare compiacimento è da ritenersi bello. La Perfezione può considerarsi
concetto di questo mondo? Secondo i Greci sì. E con il termine τέλος indicavano
il compimento, il termine, la fine. Ma anche compiutezza e maturità. Cioè
quando una cosa si poteva ritenere eseguita, giunta alla sua perfezione. Un
concetto innanzitutto pratico, da applicare alla quotidianità degli oggetti e
degli individui. Solo dopo può divenire anche concetto astratto: quella
Teleologia che permea la ricerca filosofica fin dall’antichità. Un desiderio di
indagare la perfezione, che Aristotele fissa nel V libro della Metafisica. Da
queste riflessioni scaturisce e si realizza questa serie: l’oggi è investito
dal rischio che la nostra Storia e la nostra Cultura vadano in pezzi mentre la
sensibilità estetica che dovrebbe porsi come antidoto a questa eventualità pare
sempre più anestetizzata. Non resta che scuotere dall’apatia attraverso la
Violenza della Bellezza: un gesto artistico capace di riaccordare alla
Perfezione. Il riferimenti sono strettamente
legati all’Arte Classica e alla sua replicabilità: la prima è la
pratica, diffusa soprattutto in Età Romana, del calco in gesso di originali
bronzei da cui ricavare copie in marmo; la seconda è l’abitudine degli
archeologi di ricostruire in gesso un originale antico noto solo attraverso
delle copie. In questa serie vengono utilizzate copie di statue classiche, note
e meno note, che dopo essere state realizzate in cera vengono sconvolte con prepotenza, dissacrate con
gesti violenti e crudeli. L’immagine dopo esser stata corrotta ne svela i lati oscuri.
All’inizio c’è l’opera intatta,
perfetta, pura e poi c’è la violenza
perpetrata fino allo stravolgimento. Una sorta di rigetto e negazione
che rivela una nuova visione tutta personale. I volti vengono aggrediti con strumenti che
utilizzano il calore o il fuoco e a successive lavorazioni che ne
stravolgeranno la forma La
Bellezza brutalizzata, torturata, parzialmente mutilata recepisce tale violenza sia nella sua
struttura fisica sia nella sua superficie estetica, anzi è proprio l’azione stessa
di cancellazione a far emergere il punto di unione tra l’esteriorità e
l’identità propria dell’immagine. Pur se sfregiata e irrimediabilmente
profanata, pur se deturpata e consegnata al deforme, l’opera trattiene una sua
bellezza, come se contenesse una specificità astratta. Sono opere, quindi,
apparentemente distruttive ma non si tratta di un atto dissacratorio ma di
cambiamento e denuncia; lavorando su immagini che propongono una realtà che
forse abbiamo dimenticato ne viene svelata un’altra più autentica e personale.
È il passaggio dalla dissoluzione alla rinascita,
qui raggiunta nell’arte, paradossalmente, con la parziale distruzione di quanto
precedentemente creato. L’assoluta bellezza della classicità e l’assenza che si
fondono insieme. Opere che vogliono sottolineare prepotentemente un urlo e la
voglia di tirar fuori tutte le turbe del nostro tempo. Non si tratta di pura
nostalgia o di un ritorno al passato bensì una riflessione sulla nostra società. Il
cancellare, come un damnatio memoriae solo parziale, di certo è una
dichiarazione d’amore e d’intenti. Ma anche un avvertimento: potremmo perdere
tutto ciò che consideriamo eterno. E allora
aggrediamolo pure: servirà a farlo tornare presente. E, se non
immortale, almeno attuale.. Nel viaggio della
riflessione sulla perfezione classica plasmata al contemporaneo si giunge a
ribadire che la bellezza oggi è questo: la bellezza è verità.