https://artelaguna.world/materiali-extra/QUI-CON-ME-mia_madre_luisamizzoni.pdf
Avevo scattato delle foto durante l'ultimo anno di vita di mia madre, dalla scoperta del
tumore fino a quando è mancata.
Successivamente non riuscivo nemmeno a guardarle: le foto mi riportavano esattamente a quel
momento, documentando quel periodo di paura e vicino ad una nuova e triste consapevolezza.
Quando mia madre morì, le sue amiche del corso di scrittura creativa pubblicarono un libricino
con i suoi racconti e me lo regalarono.
Non lo lessi subito, non ne avevo il coraggio. A distanza di anni però, quando ho cominciato a
leggerlo, ho ritrovato tutto quello che non ricordavo più e che era stato nascosto dalla
malattia. E così finalmente ricordavo mia madre per quello che era; solare, affettuosa,
sensibile, creativa, di fervida immaginazione.
I suoi racconti si ispirano alla sua vita, al nostro stile di vita familiare e alle sue
passioni che hanno influenzato anche la mia. Così ho deciso di affiancare a quelle foto, le
ultime che ho di lei, anche i suoi racconti, in modo tale da cambiare la lettura delle
immagini e sulle quali ho cercato un particolare che potesse legarsi con le storie.
Ho impaginato i testi a colonne, come i racconti di fantascienza della collana Urania(la
preferita di mia madre), il font è quello che usava lei sul suo computer.
Alcuni di questi racconti sono di fantascienza, altri invece dei thriller, ma ci sono anche
fiabe, poesie e racconti per ragazzi.
Il mio lavoro cerca di dare una rilettura diversa da quella che un'immagine può suggerire,
lasciando all’osservatore la libertà di trovare dentro quelle foto quel fattore influenzato
dal racconto, che possa distoglierlo dal reale contesto o che lenisca l'intensità triste della
malattia, mettendo in luce la vita e non la morte e che possa in un qualche modo ridare un più
felice ricordo, una rielaborazione del lutto. Ora mia madre è “Qui con me” ricordandola per
com’era e come per sempre sarà.
IL FIORE ROSSO
C'era una volta, lontano lontano, una grande
valle circondata da alte montagne e
attraversata da un placido fiume. Questa
valle era il regno felice di Re Khublai e
della sua sposa Chan Li. I contadini aravano
i fertili campi di fondovalle, i pastori
guidavano le greggi sui declivi delle
montagne e i soldati alle frontiere
garantivano la pace. Il Re e la Regina erano
molto amati. Khublai era giusto e generoso,
Chan Li dolce e riservata. Ma per sciagura i
sovrani non erano felici. Da tempo
desideravano un erede, eppure non riuscivano
ad avere figli. Dai regni vicini arrivavano
medici e consiglieri, ma fino ad allora
nessuno era stato in grado di trovare la
soluzione.
Un giorno però giunse al castello un vecchio
saggio, chiese di essere ricevuto e di
conferire con il re. Con la consueta
cortesia, i due sovrani gli concessero di
varcare la soglia della sala del trono. Il
vecchio avanzò curvo, appoggiandosi a un
robusto bastone, con le lunghe vesti che
sfioravano il pavimento.
- Vi ringrazio, potente sovrano e dolce
regina, per avermi ricevuto.
- Grazie a te, vecchio saggio, che hai fatto
tanta strada per venire da noi. Qual è il
motivo della tua venuta?
Intanto Chan Li aveva fatto portare una
comoda seduta per l'anziano viaggiatore.
- Sono qui perché mi è giunta voce che
desiderate un erede, ma non riuscite ad
averlo.
La regina abbassò gli occhi con una sospiro
e subito Khublai le strinse la mano per
consolarla.
- Sei stato bene informato, straniero.
Ci rechi forse qualche buon consiglio?
- Ebbene sì. Conosco il modo con cui potrete
avere con certezza un figlio. Ma tu, caro
Re, dovrai affrontare un lungo viaggio, da
solo, oltre i confini del tuo regno.
La Regina si volse allarmata verso il suo
sposo.
- Non è possibile, I regni intorno al nostro
sono spesso in guerra. Senza la Guardia
reale, temo per la sua vita!
- Ascoltiamo prima il consiglio del vecchio
saggio, che ha parlato di certezza. Poi
decideremo.
- Dovrai arrivare alle Montagne Blu, oltre
l'orlo del tramonto, lassù dovrai cogliere
il fiore rosso della fertilità per donarlo
alla tua sposa. Potrai portare con te
soltanto la curva scimitarra dei tuoi avi,
il mantello che ti ha tessuto tua madre e
una piccola sacca con il cibo.
Negli occhi del vecchio saggio il re vide la
sincerità delle sue parole e decise di
partire.
I primi giorni di viaggio furono piacevoli e
tranquilli, malgrado avesse lasciato la
giovane moglie in lacrime. Khublai si
consola pensando alla sua missione. Era
accolto ovunque dai suoi sudditi con sincera
affezione. Varcate le alte montagne che
cingevano il regno, si trovò per la prima
volta in terra straniera, senza la
protezione delle sue guardie e senza
l'accoglienza solitamente riservata a un
sovrano. Era solo un viandante. Decise di
scegliere la strada più breve, anche così
avrebbe dovuto attraversare paesi in guerra.
Intorno a sé vedeva solo rovine e
desolazione. Un giorno, in un campo, vide un
vecchio curvo che scavava a mani nude dei
solchi nella dura terra per seminare.
- Perché non usi un aratro?
- I soldati mi hanno portato via tutto, per
fonderlo e farci armi.
- Prendi la mia scimitarra, non puoi
continuare in questo modo.
- Grazie, ma tu come farai disarmato,
generoso viandante?
- Convincerò con le parole che vengo in
pace.
Cammina cammina, il re vedeva avvicinarsi
all'orizzonte la sua meta. Guardava con
tristezza i piccoli villaggi abbandonati
dalla gente in fuga dalla guerra, le case
bruciate, i frutteti distrutti. Un giorno
sulla soglia di una casa isolata vide una
vecchia seduta al sole.
- Viandante, hai visto per caso un ragazzo
lungo la strada?
- Nessuno, mi spiace. Chi stai aspettando?
- Mio nipote, È andato a cercare qualcosa da
mangiare, ma temo che tornerà a mani vuote.
- Posso darti un po' del mio cibo, non è
molto ma vi basterà per qualche giorno.
- Raccoglierò qualche frutto.
Cammina cammina, finalmente il Re arrivò ai
piedi delle montagne e cominciò a salire.
Ha una svolta del sentiero vide un
pastorello che faceva la guardia a poche
pecore macilente.
Era poco più di un bambino, avvolto in
miseri stracci tremava di freddo.
- Prendi il mio mantello, stanotte farà
ancora più freddo.
- Grazie, ma tu come farai?
- Sono forte e camminare mi scalderà.
Finalmente il Re arrivò sulla sommità della
montagna e nella grigia desolazione delle
rocce intorno non notò nulla. Il suo cuore
tremò nel timore che avesse fallito. O forse
era arrivato troppo tardi. Forse non aveva
capito le indicazioni del vecchio saggio.
Riprese la strada deciso a percorrerla nel
più breve tempo possibile, ansioso di fare
rientro nel suo pacifico regno.
Ripercorrendo al contrario il sentiero
scosceso, incrociò di nuovo il pastorello.
- Ti ho preparato una fiasca del latte delle
mie pecore, generoso viandante.
- Grazie, la porterò con me.
Passò di nuovo davanti alla casa della
vecchia a cui aveva donato il suo cibo.
- Munifico viandante, ho tessuto per te un
panno, non ho altro da donarti.
- Ti ringrazio di cuore, lo porterò con me.
Ormai prossimo al confine del suo regno,
incontrò di nuovo il vecchio contadino.
- Prodigo viaggiatore, devo chiederti un
grande favore.
- Dimmi, se posso ti aiuterò volentieri.
- Prendi con te il mio unico nipote, ha
pochi mesi, la guerra ci ha lasciati soli e
io non ho più la forza di crescerlo.
Il Re rimase sbalordito, guardando la cesta
in cui riposava un bambino bellissimo che lo
guardava con occhi fiduciosi. Lo avvolse con
cura nel panno che la vecchia aveva tessuto,
lo nutrì con il latte che il pastorello gli
aveva donato e si affrettò verso casa, per
affidare alla sua sposa quel dono
meraviglioso.
Fu accolto con gioia da tutti i suoi
sudditi. La regina, radiosa, per festeggiare
il lieto fine organizzò una grandissima
festa.