https://artelaguna.world/materiali-extra/QUI-CON-ME-mia_madre_luisamizzoni.pdf
Avevo scattato delle foto durante l'ultimo anno di vita di mia madre, dalla scoperta del
tumore fino a quando è mancata.
Successivamente non riuscivo nemmeno a guardarle: le foto mi riportavano esattamente a quel
momento, documentando quel periodo di paura e vicino ad una nuova e triste consapevolezza.
Quando mia madre morì, le sue amiche del corso di scrittura creativa pubblicarono un libricino
con i suoi racconti e me lo regalarono.
Non lo lessi subito, non ne avevo il coraggio. A distanza di anni però, quando ho cominciato a
leggerlo, ho ritrovato tutto quello che non ricordavo più e che era stato nascosto dalla
malattia. E così finalmente ricordavo mia madre per quello che era; solare, affettuosa,
sensibile, creativa, di fervida immaginazione.
I suoi racconti si ispirano alla sua vita, al nostro stile di vita familiare e alle sue
passioni che hanno influenzato anche la mia. Così ho deciso di affiancare a quelle foto, le
ultime che ho di lei, anche i suoi racconti, in modo tale da cambiare la lettura delle
immagini e sulle quali ho cercato un particolare che potesse legarsi con le storie.
Ho impaginato i testi a colonne, come i racconti di fantascienza della collana Urania(la
preferita di mia madre), il font è quello che usava lei sul suo computer.
Alcuni di questi racconti sono di fantascienza, altri invece dei thriller, ma ci sono anche
fiabe, poesie e racconti per ragazzi.
Il mio lavoro cerca di dare una rilettura diversa da quella che un'immagine può suggerire,
lasciando all’osservatore la libertà di trovare dentro quelle foto quel fattore influenzato
dal racconto, che possa distoglierlo dal reale contesto o che lenisca l'intensità triste della
malattia, mettendo in luce la vita e non la morte e che possa in un qualche modo ridare un più
felice ricordo, una rielaborazione del lutto. Ora mia madre è “Qui con me” ricordandola per
com’era e come per sempre sarà.
L'IMPRONTA
La custodia rigida della chitarra, tenuta ferma dalle
gambe snelle fasciate nei pantaloni di velluto, le mani
affusolate con le perfette unghie a mezzaluna, il capo
chino coperto da un cappello a falda larga e il viso
avvolto in una sciarpa di seta bianca.
“Un musicista che va a suonare“ pensava Milla,
appoggiata alla parete vibrante della metro. Era
stanca, come quasi tutte le sere, e non vedeva l'ora di
rifugiarsi in casa, latte caldo e biscotti. Non avrebbe
neanche cucinato. Distrattamente osservava la pozza che
si stava allargando proprio alla base della custodia.
Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco i pensieri.
Il misterioso musicista sparì nella folla che scendeva
un attimo prima che lei potesse avvertirlo. Distolse lo
sguardo per riportarlo alle sue fantasie. Finalmente
anche lei era arrivata. Stava frettolosamente
avviandosi all'uscita, quando si sentì apostrofare da
una voce allarmata: - Ha le scarpe sporche! -Si voltò
incuriosita e si accorse che aveva lasciato le tracce
delle sue scarpe sul pavimento bianco del marciapiede.
Impronte inequivocabilmente di sangue segnavano il suo
breve percorso. Era passata sulla macchia umida
lasciata dalla custodia della chitarra.