La coda dell'occhio, indeterminato.
Voglio precisare che si tratta di fotografie scattate direttamente dalla macchina senza elaborazioni, attraverso la tecnica fotografica essenziale.
La fotografia, dice Barthes, attesta “ciò che è stato”, e nel mio caso è necessario per indagare ed attestare lo “ciò che è stato” nello spazio del campo visivo marginale, inconscio, sfuggevole, e che viene percepito con “la coda dell'Occhio”.
La fotografia può “attestare” tutte quelle figure che includono nello spazio che va dal “ quasi determinato ” all ' “indeterminato”, e che in altri modi non è possibile documentare , poiché sfuggono continuamente alla vista; Allo stesso modo ci sfuggono le diverse “sfumature” nella quotidianità, valori immateriali.
In queste fotografie vi è un parallelismo tra uomo e indeterminato fotografico, composto da diverse sfumature e gradazioni altrimenti impercettibili. L'uomo appartiene a questo spazio indeterminato, nulla di statico, ma qualcosa in continuo mutamento nel corpo e nell'anima.
La macchina fotografica ha questa pretesa, di indagare in questo spazio infinito , oltre il primo piano, oltre la superficie; al di là della superficie esiste un'altra verità. Una condizione interiore.
Indeterminato è qualcosa che non può essere definito dall'uomo.
Questa ricerca fotografica nasce dalla necessità di indagine, dalla presunzione e dall'ossessione, attraverso il paradosso di voler determinare l'indeterminato; l'intenzione è portare in primo piano ciò che sta in profondità.
C'è la necessità di voler comprendere ciò che non si conosce, che sfugge alla nostra ragione ed ai nostri sensi.
A tal proposito queste immagini non sono delle risposte, ma accentuano dubbi e domande, sono un mezzo per cercare altro; per denunciare quanto non sappiamo e che vorrei sapere. È una provocazione, un'evidente volontà di ricercare e domandarsi sull'identità dell'uomo, la realtà di superficie viene obliata, dissolta dal diaframma della macchina; viene dissolto tutto ciò che è materia.