L’artista cattura immediatamente l’attenzione del fruitore
in quanto quella che al primo sguardo sembra un’opera astratta è in realtà una
fotografia. Pone in evidenza la materia della natura, quasi a dimostrare che ci
sono e ci saranno sempre dei dettagli che sfuggono alla percezione, che
potrebbero essere analizzati in modo più approfondita. La visione umana del
mondo fenomenico è infatti molto selettiva. La percezione non è preceduta dalla
sensazione ma è un processo immediato, influenzato dalle esperienza passate
solo in quanto queste sono lo sfondo dell’esperienza attuale.
Il fotografo cerca di vedere oltre il dato sensibile,
attraverso l’immaginazione: egli in qualche modo rivela la realtà, stabilendo
un legame con il paesaggio e le sue caratteristiche. Esteriorizza il suo mondo
interiore, riprendendo frammenti della realtà attraverso l’occhio della sua
mente, dialogando con la natura stessa.
Di Giustino porta in luce il
visibile evidenziando e valorizzando inquadrature solitamente trascurate, quasi
a dimostrare come non esista una verità-campione, ma che il profilo della
stessa possa venire continuamente modificato assumendo di volta in volta punti
di vista differenti. Qui, lo spettatore finisce per convergere in una messa a
fuoco comune con il fotografo.