L'immagine racconta l'installazione Cosmogonia Mediterranea realizzata da Domenco Pellegrino nel 2016 che ha daro vita al progetto omonimo approdato alla 58° Biennale di Venezia, pad. nazionale del Bangladesh
Una delle immagini più belle, che accompagna l’opera di Domenico Pellegrino “Cosmogonia Mediterranea” è la visione sottosopra a cui l’autore fa riferimento descrivendo il suo lavoro.
Il mondo visto all’incontrario, dal profondo del mare verso la luce della superficie.
Tante considerazioni si possono fare sulla sua “isola di luce”, e le scelte politiche degli ultimi mesi, di cui siamo testimoni, che hanno portato alla chiusura dei porti alle navi dei poveri migranti, ne aggiungono altre.
La realtà, che ogni giorno diventa sempre più drammatica, carica di ulteriore senso il suo progetto, togliendogli il velo di leggera retorica che poteva caratterizzarlo e definendo nella sua opera in maniera semplice l’impossibilità a segnare un confine e il senso di un’umana e inalterata solidarietà tra i popoli del mare che deve travalicare le attuali contingenze.
La sua visione sottosopra è il differente punto di vista che chiediamo all’arte per meglio comprendere la realtà. Il nostro “Capitano”, come il professor Keating nel film “L’Attimo fuggente” ci incita a salire sui banchi per guardare il mondo da una diversa prospettiva.
Provate a guardare il mondo da sotto. Provate a guardare dall’Africa il vecchio continente.
La luminaria non illumina la strada del giorno di festa.
“Ora, nel buio, e senza luci in vista e senza chiarori, e soltanto col vento e la spinta regolare della vela, gli parve di essere già morto, forse. Congiunse le mani e si tastò le palme. Non erano morte e gli bastava aprirle e chiuderle per risuscitare il dolore della vita.” Il vecchio di Hemingway senza luci e senza chiarori pensa alla morte.
Le luci multicolori dell’installazione di Domenico indicano una direzione, un punto che brilla nel Mediterraneo, che ricorda, come lui stesso scrive : …. una via di salvezza nel buio totale della navigazione immaginando chi non è riuscito ad arrivare a questa luce, ma se l’è portata dietro.
Le luci multicolori di Pellegrino ricordano quelle di Consagra, che disegna le luminarie per la festa di San Rocco a Gibellina, ma Pietro disegna i gonfaloni, il carro del Santo, e per la città: il teatro, la porta d’ingresso, la stella, la fermata degli autobus,il Meeting.
Consagra dell’arte scriveva che questa deve essere un esempio, un aiuto, un obiettivo, un modo di vivere e l’artista è chi cerca delle risposte, oltre ad affermare il proprio diritto a fantasticare. Questo concetto di arte totale, penso sia comune anche all’opera di Domenico Pellegrino, per la capacità di caricare di significati molteplici le sue opere di luce e dare nuovo senso ad un oggetto caro alla cultura popolare, decontestualizzandolo e riproponendolo per nuove letture come solo l’arte può fare.