In
realtà scalare la vetta del Kilimanjaro per me è stato quasi come
morire, ma nonostante ciò lo rifarei, ancora e ancora.
E’
stata una magnifica esperienza che mi ha fatto volare.
Il
Kilimanjaro è il tetto d’Africa ed è alto 5895mt. Sapete, a una
certa altezza, i nostri corpi non reagiscono un gran ché bene,
l’ossigeno viene a mancare, i muscoli si indeboliscono ovviamente e
i movimenti automaticamente diventano sempre più lenti, i miei si
sono addirittura fermati. E’ stato poco dopo aver iniziato la
discesa. Quella notte la sveglia suonò alle 23:00, la partenza era
prevista a mezzanotte. Iniziammo a camminare sotto il cielo stellato
e con un sottofondo piuttosto lugubre. Le nostre guide non facevano
altro che ripeterci “pole, pole”, piano piano. Quelle due parole
mi erano entrate in testa, mi davano ritmo per la salita. Il freddo
punzecchiava i nostri corpi avvolti da 3000 abiti uno sopra all’altro
e purtroppo qualcuno ha preferito tornare al punto di partenza.
Io
dovevo farcela. L’anno prima la mia meta era stata il campo base
dell’Everest, 5200mt, ma purtroppo, a causa del mal di montagna,
dovetti tornare in città senza averla conquistata e l’anno dopo mi
ero ripromessa che ce l’avrei fatta. Volevo dare filo da torcere a
chi, prima che partissi, diceva che non sarei mai arrivata a 6000mt
facendo considerazione sull’esperienza precedente in Nepal.
Questa
foto ritrae la mia conquista, la vetta, le nuvole, il paradiso dei
vivi, appunto “Come in paradiso, ma senza morire”