Z (No war) è la prima opera di un ciclo di lavori che come un abbecedario, giocando con il paradosso... Read More
Z (No war) è la prima opera di un ciclo di lavori che come un abbecedario, giocando con il paradosso della deturpazione dell’opera per mano di vandalici ignoti, invita a riflettere sulla manipolazione costante dei segni per riappropriarci di quella intima e personale visione interpretativa del significante di questa forma. La Z è se stessa in quanto posizione, è la sua condizione spaziale e la nostra lettura a confinarla alla fine dell'alfabeto, ma basta cambiare posizione per sovvertire il piano di comprensione.
Ed è così che si scivola da Z a N in un NO WAR ambiguo e contraddittorio, che mette alla prova il linguaggio e l'universo di significati che turbolento si agita nella nostra limitatezza percettiva. Se tutto ha una forma, allora interrogarla, mettendola alla prova è una delle poche opportunità che abbiamo per riaffermare la nostra potenzialità di essere viventi, sopprimendo automatismi a cui siamo costretti da un sistema che, volente o nolente, ci categorizza e ci facilità, sino ad imprigionarci in modelli binari e passivi.