Unleashed State Hydrophobia
'Modernization' is the name for a strict and servile definition of the possible.
Alain Badiou
The oil on canvas painting represents a group of people gazing upwards towards the fragmented and decomposed figure of a 'robot dog', an automaton that in some Asian countries has become an instrument of control of compliance with anti-pandemic measures.
On the right you can see the evanescent shape of a dog, a simulacrum of the biological being, the living animal, excluded and obliterated by its technological surrogate.
The intent is to focus one’s attention on the relationship created between people and machines due to the emergency situation caused by the pandemic. The fragmented image of the 'machine' not only refers to the bright yellow automaton introduced by Eastern governments to safeguard security in public open spaces, but to all the mechanical and technological means that have performed during these difficult times the most varied functions. It is impending over the human beings, who are overawed in a submissive posture, while for their part the humans are looking at the device with mixed feelings of fear, admiration and illusory expectations of salvation.
The work is a criticism of blind faith in what’s artificial, inorganic, and also of the passive acceptance – due to fear of contagion – of any solution or prescription whatsoever, even if senseless and incomprehensible, even if it is imposed on us by authority and without offering any tool for an autonomous assessment and a conscious decision
in italianoIdrofobia di Stato senza guinzaglio
‘Modernizzazione’ è nome che viene dato a una definizione e rigida e servile del possibile.
Alain Badiou
L’opera, realizzata ad olio su tela, rappresenta un gruppo di persone con lo sguardo rivolto verso l’alto ad osservare la figura, frammentata e scomposta, di un ‘cane robot’, automa che in alcuni paesi asiatici è divenuto strumento di controllo del rispetto delle disposizioni anti-pandemia.
Alla destra si intravede la forma evanescente di un cane, simulacro dell’essere biologico, dell’animale vivente, estromesso e obliterato dal suo surrogato tecnologico.
L’intento è quello di soffermare l’attenzione sul rapporto tra le persone e le macchine che si è venuto a creare in ragione della situazione emergenziale indotta dalla pandemia. L’immagine parcellizzata della ‘macchina’ rimanda non solo all’automa giallo-acceso introdotto dai governi orientali a presidio della sicurezza in luoghi aperti, ma a tutti i mezzi meccanici e tecnologici che in questo difficile periodo hanno assunto le più varie funzioni. Essa incombe sugli esseri umani, che si trovano in una posizione sottomessa, di soggezione e, dal canto loro, guardano all’apparecchio con animo misto di timore, ammirazione, illusoria aspettativa di una sua funzione salvifica.
È la critica alla cieca fiducia nell’artificiale, nell’inorganico, e anche alla passiva accettazione generata dal timore del contagio di qualunque soluzione o prescrizione, anche se incomprensibile o insensata, che ci viene imposta d’autorità e senza offrire nessuno strumento per una valutazione autonoma e una scelta consapevole.