My first vision of painting sink back to my childhood. It was an Easter Eve and I was 3 y.o.. At my uncle's kitchen, he sat me on small chair, went out for a while and came back with a small bleating lamb in his arms. He positioned it right in front of me and placed a blue plastic basin under its head. He took a long switchblade knife from his pocket and without hesitation inserted it into the animal's neck pointing to the heart. The vision of all that steaming red that poured copiously over the semitransparent blue impressed me to death. Over time, this clear memory took on an aesthetic, artistic value halfway between the perfomance and the painting.
The painting was made during my first lockdown in Milan. The scene of the sheep has different meanings. His blood at the center is a tribute to painting, a reference from traditions of my island, it is an ancestral rite, a sacrifice for overcoming difficult times. In the background a quote from a famous painting by Giotto "the expulsion of the devils from Arezzo".
As in a "file" under construction, the several "layers" overlap and reveal the underlying ones. The clothes of the subjects turn into "laundry" revealing the forest below. The extract of the medieval fresco, responds to the need to create more stylistic registers in the painting: flat backgrounds and floral decorations, axonometries, classical perspective, allusions of the various tools that painting uses for its fictions.
La prima visione della pittura è un ricordo che risale alla mia infanzia. Forse avevo 3 anni e la vigilia di Pasqua mio zio mi fece sedere su una piccola sedia nella sua cucina, uscì e rientrò con un piccolo agnello belante in braccio. Lo posizionò davanti a me e sotto la sua testa mise una bacinella in plastica blu. Estrasse dalla tasca un lungo coltello a serramanico e senza esitazioni lo infilò nel collo dell'animale in direzione del cuore. La visione di tutto quel rosso fumante che colava copiosamente sul blu semitrasparente mi si impresse nella mente. Col tempo questo nitido ricordo assunse una valenza estetica, artistica a metà starda tra la perfomanca e la pittura.
Il dipinto è stato realizzato durante il primo lockdown a Milano. La scena della pecora assume per me diversi significati. Il suo sangue al centro del dipinto, è, al contempo, un omaggio alla pittura, è una citazione delle tradizioni della mia Isola, assume i connotati di un rito ancestrale, un sacrificio per il superamento dei tempi difficili. Sullo sfondo una citazione di un famoso dipinto di Giotto "la cacciata dei diavoli da Arezzo".
Come in un "file" in costruzione, i vari "layers" si sovrappongono e lasciano intravedere quelli sottostanti. Ecco che allora i vestiti dei personaggi diventano "bucati" e appaiono le foglie della foresta sottostante. La citazione dell'affresco medievale, con le sue assonometrie, risponde all'esigenza di creare nel dipinto più registri stilistici: campiture piatte e decorazioni floreali, assonometrie, prospettiva classica, citazioni dei vari strumenti di cui si serve la pittura per le sue finzioni.