Sotto la tenda
Negli
ultimissimi anni, sulla scia del conflitto siriano, le immagini dei vasti campi
esistenti in Turchia, Giordania e Libano sono stati onnipresenti nei media. Se
ci si interroga sul modo in cui i campi vengono intesi, la lettura più ovvia e
probabilmente più classica di un campo profughi è quella di uno spazio
umanitario, dove proteggere i rifugiati e salvare vite umane. Ai rifugiati
vengono forniti acqua, cibo e assistenza sanitaria, ma allo stesso tempo li si
costringe in un luogo sottraendo loro la libertà di muoversi o di trasferirsi
altrove.
Per fronteggiare la diffusione del coronavirus
in Italia, davanti agli ospedali, vengono montate le tende per il “pre-triage”:
servono da filtro per le verifiche sui pazienti, in modo da individuare, prima
del loro ingresso in pronto soccorso, quelli che potrebbero aver contratto il
virus covid 19.
Un
luogo di passaggio, dunque, come per le tende dei campi profughi, prima di
tornare ad una condizione di autonomia e indipendenza, sperando di non morire.
under the tent
In the past few years, in the
wake of the Syrian conflict, images of the vast fields existing in Turkey,
Jordan and Lebanon have been omnipresent in the media. If one wonders about the
way in which camps are understood, the most obvious and probably most classic
reading of a refugee camp is that of a humanitarian space, where to protect
refugees and save lives. Refugees are provided with water, food and health
care, but at the same time they are forced into one place by taking away their
freedom to move or move elsewhere.
To cope with the spread of
coronavirus in Italy, pre-triage curtains are installed in front of hospitals:
they serve as a filter for patient checks, so as to identify, before entering
the emergency room, those who could having contracted the covid virus 19.
A place of passage, therefore, as
for the tents of the refugee camps, before returning to a condition of autonomy
and independence, hoping not to die.