Dalle fessure della baracca vedevo il mondo circostante..sempre uguale mi sembrava nell’interminabile scorrere lento dei giorni e dei mesi,..sempre uguale..oltre... Read More
Dalle fessure della baracca vedevo il mondo circostante..sempre uguale mi sembrava nell’interminabile scorrere lento dei giorni e dei mesi,..sempre uguale..oltre lo steccato la tundra innevata,la neve,il silenzio surreale,solo poche volte interrotto da urla improvvise che mi dicevano pervenire da oltre lo steccato ,..nei campi di lavoro dove mio padre ogni mattina andava a svolgere il suo pesante lavoro imposto per purificare la sua mente..cosi mi diceva…ricordo gli ammassi di legna,le giornate grigie e fredde di quell’autunno..ricordo il dolore,la fatica,..ricordo quell’immenso pianeta bianco chiamato Siberia.
La matericità si impone in modo deciso,attraverso un'elementare articolazione lignea. Cosa vedono gli occhi di un bambino da una finestra di una baracca dispersa nella tundra siberiana?..vedono ciò che si deve li vedere, vedono il bianco, vedono gli ammassi di legna, vedono il silenzio, ma vedono anche l'immobilismo di un ambiente rarefatto, dove lo scandire del tempo sembra solo momentaneamnte interrotto dai lamenti dei deportati. Siberia rappresenta la desolazione del nostro io deportato in una dimensione di vuoto assoluto, in un luogo dove le ragioni e le libertà della mente sono congelate dall'imposizione fredda di un illogica lettura della società.