Nel
2018 ebbi l'occasione di leggere il libro di Céline Santini
"Kintsugi. L'arte segreta di riparare la vita". Il
"kintsugi" è un'antica tecnica giapponese nata per
riparare oggetti in ceramica, dove i pezzi tra di loro sono incollati
e le loro giunzioni sono esaltate con una resina
dorata. L'esaltazione dorata delle riparazioni testimonia un
atteggiamento positivo: le ferite esibiscono come guarigione e
rinnovamento ma che conserva le cicatrici che diventano preziose con
l'oro, sono un invito ad imparare dai propri errori, un trauma che
diventa momento di arricchimento. La serie delle mie opere dal
titolo "riparazioni mimetiche" esibiscono anch'esse una
modalità di riparazione gli oggetti, ma la modalità da me proposta
va in direzione esattamente opposta a quelle del "kintsugi". Nei
miei lavori infatti, parto dalla rottura di una superficie, che viene
volutamente "aggiustata" in modo maldestro, utilizzando
plastica e nastro adesivo, e poi ridipinta con lo stesso colore del
supporto, per nascondere la riparazione eseguita. Il mio è un
intervento mimetico intenzionalmente malfatto, che vuole
rappresentare quello che normalmente accade nel vissuto sociale
contemporaneo. Infatti, all'indomani di un disastro o di catastrofi
naturali come alluvioni, terremoti, pandemie o di un evento
traumatico qualsiasi, si tende di solito a riparare i danni il prima
possibile, per nascondere e dimenticare, continuando come se nulla
fosse successo e senza quindi imparare nulla: andiamo avanti così,
che va tutto bene.