Nel mio lavoro ho approfondito due tecniche interessanti: l’uso del gesso bianco come superficie su cui incidere con il tiralinee e il suminagashi, una tecnica giapponese detta “dell’inchiostro fluttuante” che riproduce sul pelo dell’acqua tematiche naturaliste con inchiostro di china e fiele di bue, poi impresse su un foglio di carta porosa che può assorbirne i colori. Le parti colorate, scritte con segni non convenzionali, riportano in modo arcaico l’espressione dei pensieri della mente. Dentro ad ogni pagina c’è un viaggio che ha in sé la possibilità di esplorare e abbracciare il movimento dei segni.
L’opera rappresenta il mio percorso interiore, in cui la parola RIFUGIO mi ha sempre accompagnata: da bambina, quando mi parlavano dei rifugi legati alla guerra come di luoghi sicuri in cui potersi riparare e proteggere; ancora oggi, in cui siamo esposti a continue immagini di guerra, associo il rifugio al luogo che accoglie e attutisce i pericoli e le problematiche del mondo esterno.
In questo lavoro la mia ricerca si è fatta ampia e profonda, aprendosi verso il mio mondo di bambina, dove con rinnovata fiducia vengo accudita tra le braccia di mia madre: “rifugio” è proprio quell’essere abbracciata e custodita, protetta nello spazio intimo che si crea tra i corpi.