Quest’opera fa parte del progetto Neve gialla. L’ opera si ispira ai ricordi della mia terra natia e alle impressioni della storia recente che rimane ignota poiché costantemente censurata e distorta.
Cerco di ricostruire un paesaggio immaginario dove appaiono personaggi anonimi, privi di un'identità definita: un soldato esanime circondato dai suoi compagni di cui si intravedono solo le gambe, delle persone che scavano una trincea, altre che trascinano una slitta o, come in questo caso, un branco di cani che cercano da mangiare in un sacco di spazzatura.
I cani randagi vivono nelle zone abbandonate, cercando cibo nelle terre desolate, nelle discariche di rifiuti e ovunque siano presenti residui di vita umana.
C'è qualcosa di decisamente ripugnante in questa scena, perché è incomprensibile quale sia il contenuto del sacco fino a quando questo non viene aperto.
Il sacco nero raffigurato, con la sua bella superficie lucida, acquisisce una sorta di valore estetico.
Questo rappresenta il tentativo di trovare bellezza tra lo sporco della strada. Come all'interno delle fotografie dell’artista ungherese Moholy-Nagy, dove strofinacci buttati sui marciapiedi di Parigi, diventano, secondo l'analisi di Didi-Huberman, simbolo della trasformazione della Ninfa dell’antichità, che denudandosi getterebbe i propri vestiti per terra.
Questo è il nostro bello, lucido e finto che può avere dentro qualsiasi cosa.