* VEDI INTRODUZIONE NELLA DESCRIZIONE DELLA PRIMA OPERA
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Questo è il racconto ispirato al quadro
LA STRATEGIA DI SCOLOPENDRA PER SOPRAVVIVERE AI CATTIVISSIMI VIRUS DELLA TERRA
Scolopendra rappresentava con disinvolta dignità quella categoria di sesso femminile, single, quarantacinquenne, baffona altresì sbrigativamente e inesorabilmente definita “zitella”. Scolopendra, qualora apostrofata nel suddetto modo, faceva spallucce fingendo di non darci alcun peso, ma in realtà dentro di sé si sentiva umiliata. Si sentiva come se avesse mancato l'obiettivo della vita e che oramai, alla sua età (e con i suoi baffoni) era tardi per incontrare qualcuno d'interessante.
Si dedicava dunque anima e corpo alla sua attività, peraltro molto florida: l'allevamento di bachi da seta. Con dovizia estrema di cure e amore nutriva i suoi piccoli figli larvati con trito di foglie di gelso insaporite da una spruzzata di polvere di pirriddu...vedessi che manto lucido e setoso!
La lanosa allevatrice di bachi era solita far visita ai suoi piccoli amici, scambiare quattro chiacchiere e parlare delle ultime tendenze della moda. Fu così che Scolopendra si rese conto che Venerella aveva qualcosa che non andava. Era tutta sfilacciata e tossiva pois blu. Subito l'attenta fattrice interrogò gli inseparabili amici Sbacco (il capetto) e Too-bacco (il fratello del capetto).
Sbacco non la guardava nemmeno negli occhi, così ella si rivolse all'anello debole. Scolopendra prese a solleticare le mandibole seghettate di Too-bacco con una manciata di pulci ballerine finché quell'insettino tutto filo e zampe non vuotò il sacco.
“L'ho vista alcune sere fa, Venerella giaceva sulla foglia più alta dell'alloro con un non-bruco, e lui la stava insaporendo”!
“E chi sarebbe questo non-bruco?” Sbottò allora la donna.
Venerella si era concessa a Serafino. Serafino era una cavalletta.
Mentre il baco spione si animava nella narrazione dello scandalo cominciò a tossire pois blu e restituì alla terra il pranzo a base di julienne di foglie di gelso in agrodolce. Fu così che Scolopendra decise d'intervenire in maniera drastica per interrompere la dilagante catena dei contagi.
Tutta la notte e tutto il giorno successivo di Scolopendra non vi fu traccia. Si era chiusa in casa a tessere ardite ragnatele di fili di bachi intrise di spremuta di vipera albina. Il “rimedio Scolopendra” avrebbe sicuramente intrappolato e ucciso il virus...e lo fece, eccome se lo fece. Ammazzò il virus e con lui se ne andarono anche tutti i bachi da seta.
Era decisamente l'approccio più sbagliato al morbo, ma Scolopendra aveva seguito alla lettera il “manuale del perfetto sterminatore dei cattivissimi virus della terra” e proprio non si poteva spiegare l'accaduto ma, soprattutto, proprio non poteva darsi pace.
Artefice di quell'insensato bachicidio si lasciò un po' andare. Ma quando i baffi crebbero a tal punto da andarsene a spasso con le loro gambe, la nostra assassina decise allora che basta, che era proprio ora di darci un taglio.
Scolopendra si dovette reinventare, non aveva più un lavoro, non aveva più i suoi amici, non aveva più i suoi baffi.
Fece allora quello che tutti fanno in questi momenti.
Fece un giro su Facebook.
Dopo ore di navigazione scoprì sbalordita che c'era una pagina dove la gente ti regalava ogni genere di cose. Spesso erano oggetti un po' vecchi, da rimettere a posto, ma a Scolopendra non spaventava la fatica, tale l'entusiasmo per il nuovo lavoro.
Per aggiudicarti l'affare dovevi avere il dito più veloce del WestWeb. Non appena Scolopendra si attivava per vincere l'ambito premio c'era già qualcuno che era stato più celere di lei e si era accaparrato il dono più bello. Per la neofita convertita al web oramai era diventata questione di principio: doveva aggiudicarsi qualcosa, QUALUNQUE cosa.
Al decimo giorno di tentativi, con l'indice in carne viva, Scolopendra cliccò per prima. Ce l'aveva fatta. Era stata la più veloce. Aveva vinto lei il premio. Era stata la migliore. Era veramente la più ganza.
Col petto gonfio aspettava di vedere la fila di gente delusa che non era riuscita a conquistare l'ambita ricompensa, quelli arrivati secondi, i loosers... ma non c'era nessuna sequela d'insoddisfatti...
Poi capì perché.
Ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Il premio andava necessariamente ritirato. Pena l'esclusione dal gruppo.
Il mattino di buon'ora Scolopendra mise il vestito buono e inforcò la sua Graziella. La macchina era stata venduta per saldare i buchi lasciati dai bachi.
Pedalò in preda all'eccitazione e arrivò a destinazione proprio mentre iniziava a piovere. Lo caricò sul cestino posteriore della bicicletta che, tale il peso, si assestò con ruota anteriore sollevata da terra. Nemmeno Valentino Rossi c'era riuscito nel 2008 in quel capolavoro di sorpasso ai danni di Stoner, quando mise le ruote della sua Yamaha di traverso sul ghiaino, facendo tremare perfino la voce di Guida Meda che incredulo commentava “la staccata del secolo”.
La pioggia si infittì. Scolopendra azionò il tergicristallo manuale: con la mano destra reggeva il manubrio, con la sinistra faceva oscillare ritmicamente il mignolo, sfidando il nubifragio incalzante.
Finì dentro una buca, e “il cosone” sul retro oscillò vertiginosamente. Scolopendra pensò (di nuovo): “devo far causa al comune”. Ma poi ritrovò l'equilibrio. Subito dopo uno stormo di gabbiani finì dentro i raggi della bici facendola girare turbinosamente su sé stessa. Con la coda dell'occhio vide quell'enorme cilindro sollevarsi dal cestino, ma il pilota Scolopendra fu' pronta nel pregare il Signore unitamente a Gesù Bambino di riposizionarlo lì dietro, al sicuro, nel canestro.
In una condizione molto simile alle sette piaghe d'Egitto, l'impavido guidatore proseguì il percorso verso casa sentendosi quasi al sicuro visti i precedenti successi in ambito sportivo.
Quando un incendio divampò dinanzi all'avantreno del veicolo a due ruote gommate, Scolopendra vi passò attraverso, con la sicumera di chi, ancora fradicio dopo il temporale, sarebbe passato indenne attraverso le fiamme. Ma l'incosciente guidatore non aveva fatto i conti con l'inquilino del vano posteriore.
Certamente i razzi di nuova generazione vengono azionati dal rilascio di propellente all'interno del missile.
Quello che Scolopendra trasportava era un modello decisamente datato, obsoleto, un esperimento di uno scienziato pazzo amante dei fuochi d'artificio che aveva ideato questo siluro a miccia idrorepellente. Non appena lo stoppino annusò le fiamme dopo decenni d'inattività si galvanizzò e diede via al processo di accensione ancor prima di toccare il fuoco.
Che incredibile visione!
Il missile schizzò in aria, così come ci si aspetta che faccia, lasciando a terra la povera Scolopendra, o meglio quello che di lei rimaneva e della sua fidata Graziella. Di Scolopendra restava solo uno scheletrino ossuto e irrigidito.
Ma a ben vedere dietro la solida gabbia toracica che, come uno scudo lo aveva protetto, batteva un cuore malconcio ma vivo.
Scolopendra era vigile e cosciente e non appena desta, cominciò a guardarsi attorno per capire dove fosse finita.
Lei e la sua due ruote erano state scaraventate in una specie di campo. Scolopendra si era conficcata al suolo dalla vita in giù, le braccia aperte, dure come paletti. Davanti a lei la sua bicicletta di cui era visibile solo il manubrio. Il resto aveva seguito la stessa sorte toccata alle gambe della donna.
Ancora frastornata dall'accaduto, Scolopendra cercava di decifrare quell'insolito luogo, finché udì una voce che le parve familiare. Ruotò il capo in quella direzione e ciò che vide la lasciò senza fiato.
Era Giovello. Era venuto a piangere sulla tomba della figlia Venerella, morta per mano sua.
Il destino aveva voluto che Scolopendra finisse seppellita in un cimitero per bachi. Che amara sorte.
Scolopendra, che aveva assunto le sembianze di una croce, si finse tale per anni per sfuggire all'ira di un padre straziato dal dolore che, a cadenza quotidiana, faceva visita alla tomba della figlia.
Tutto filava liscio e l'ex donna dal vello feroce si era abituata alla sua nuova vita.
La mattina si faceva svegliare dal sole, ripuliva la sua “croce” dagli escrementi di uccelli, pregava coi bachi piangenti e pettinava loro i setosi fili.
Fintanto che non commise un unico, pantagruelico, fatale errore.
Mentre spazzolava la chioma dell'inconsolabile Giovello, Scolopendra gli suggerì di aggiungere qualche goccia di pirriddu al suo trito di foglie di gelso, questo avrebbe reso il suo manto più lucido e pregiato.
Solo una persona poteva essere a conoscenza di questa scoperta. Chi l'aveva fatta.
Livido di veleno, Giovello radunò tutte le famiglie dei superstiti di fronte alla croce-Scolopendra per decidere della sua sorte.
Chi la voleva bruciare, chi voleva per lei un futuro di torture e disagio psicologico, chi le augurava baffi lunghi per tutta la vita...ma alla fine il gruppo di vermetti si decise per una soluzione: Scolopendra fu condannata a fare da manichino a Cibelella, madre di Giovello, nonna di Venerella, mentre tesseva i suoi fili rugosi e taglienti.
Ma questo non era di certo il peggio che le potesse capitare, e la comunità dei piccoli vermetti dispettosi lo sapeva bene.
Cibelella era vedova ormai da cinquant'anni e viveva isolata dal resto della comunità. Non aveva nessuno con cui parlare, così a turno tutti gli abitanti del paesello le facevano visita e le tenevano compagnia per una lunghissima, interminabile, noiosissima, soporifera ora.
Tutti d'accordo, i malvagi bachi trasferirono la poltrona di nonna Cibelella e i suoi ferri da maglia proprio di fronte alla postazione di Scolopendra.
Fu dunque questo il principio di una prolissa, indissolubile e spontanea amicizia.