L’opera
auspica a una riflessione sull’antropizzazione, sul rapporto uomo/natura, che
mai come in questo momento storico palesa il suo consolidato disequilibrio.
La
Natura da me qui rappresentata è volutamente rigogliosa, prominente e fremente
ma allo stesso tempo nel suo moltiplicarsi di dettagli diventa respingente e
sofferente, portatrice di un malessere diffuso che in certi punti dell’opera
rende il dato naturale indefinito, caratterizzato da un effetto di trasfigurazione in divenire.
Paradossalmente,
io che sto dall’altra parte della carta, mi ritrovo a cercare di far rinascere
in tutta la sua bellezza la Natura, attraverso la stessa azione umana che
la sta distruggendo e cioè attraverso la cancellazione (infatti ciò che caratterizza
il mio lavoro è la sottrazione ovvero… una volta steso il carboncino il mio
strumento per tirare fuori la forma è la gomma) , ed è proprio con questa
azione e questo pensiero che forse questa carta si fa specchio della condizione
umana e tutto diventa un pretesto per riconnettersi con il sé più profondo.