I lavori "Who is the Savage
Now" si confronta volutamente con il formato quadrato, iniziato quasi
inconsapevolmente su un formato analogo a quello scelto da Albers nel lontano
1950. I contenuti formali si perdono a distanza ravvicinata assumendo
quell'iterazione percettiva limitata a semplici contrasti cromatici,
complementari o simultanei.
L'esercizio della pittura, fortemente
caratterizzato nel periodo del lockdown, ricorre al semplice esercizio della
contrapposizione di colori. Non è semplice trasposizione di soggetti
naturalistici o astratti, bensì un paradigma o "episteme" che prende
forma solo allontanandosi, prendendo le distanze dalla realtà per cogliere
l'insieme e interpretarne il significato celato dai pixels, per affrancarsi
nella fantasia, unico rifugio congeniale.
La distanza del Flaneur baudelairiano ci consente di cogliere gli aspetti inaccessibili e comportamentali della folla, pur esprimendo i valori tipici dell'estetica relazionale del "semionauta": "il creatore di percorsi in un paesaggio di segni. Abitanti di un mondo frammentato nel quale gli gli oggetti e le forme escono dal letto della loro cultura originaria per disseminarsi nello spazio globale (…) alla ricerca di connessioni da stabilire ".