Creare un'immagine che in qualche modo potesse aiutare a riflettere sulle relazioni attraverso cui vengono elaborati i processi identitari era forse una pretesa troppo grande...Le crepe, le incrinature, le ferite... In questo lavoro ho provato a tradurre in linguaggio visivo la ricerca sul senso della nostra fragilità: quell'esperienza che rivela come siano proprio le ferite a fungere da elemento determinante nell'elaborazione di nuovi significati...
Forse la fragilità è il presupposto della comprensione, forse solo chi si lascia ferire è in grado di capire...
Viviamo in una società sedotta dal mito della forza e del dominio, una società maschilista che tende a rimuovere l'autocritica per celebrare se stessa: questo è un problema che molte volte non si riesce a separare dall'aria che si respira, si tratta di un potere che si afferma attraverso l'assuefazione, di una violenza subdola che viene esercitata attraverso una presunta normalità...
Sarebbe molto meglio trasmettere valori vulnerabili: idee in grado di aiutarci a comprendere il futuro, a rielaborare il passato senza cedere alla retorica di chi lo demonizza o di chi lo esalta come valore assoluto... In questo modo forse si riuscirebbe a capire, proprio come diceva Calvino riferendosi a Hemingway, capire qualcosa di come si sta al mondo con occhi aperti e asciutti, senza illusioni nè misticismi...
Mi torna in mente Addio alle armi, un romanzo profondo dove si trova una frase che arriva dritta al centro della questione:" Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono forti nei punti spezzati... "