L’opera si intitola “Il processo” e
rappresenta una visione o meglio una distopia ambientata in una versione
distrutta della capella Sistina nel Vaticano, dove le proprietà della chiesa
sono confiscate e destinate alla costruzione di una cittadina internazionale per i profughi e
i poveri.
L’opera mette nel centro un ipotetico papa
futuro, seduto sulla sedia dell’inquisizione e circondato da donne “streghe” simbolo
di rivincita dopo secoli di repressione, persecuzione, esclusione e uccisione
da parte della chiesa stessa. Costretto a portare una “maschera della vergogna”,
strumento dell’inquisizione utilizzato per punire prevalentemente donne che la
chiesa riteneva non seguire le regole dettate da essa, tiene fra le mani una
bibbia marcata con l’avvertenza “Warning – religion kills”.
La donna alla sua destra è Giovanna d’Arco
nella sua armatura in rappresentanza delle numerose donne uccise dalla chiesa
nel passato che tiene in mano la bilancia della giustizia. Alla sua sinistra
una donna vittima recente di una religione legge da un libero intitolato “human
rights”. Insieme le due donne come punizione vogliono far ammettere al papa gli
errori e il grande paradosso della chiesa, paragonabile a una multinazionale oscurantista che si è affermata tramite l’imposizione
e il genocidio di miliardi di persone, il tutto regolamentato dal tribunale
delle inquisizioni, pretendendo dai sudditi il bene, la carestia e la povertà, arricchendosi
alle loro spalle e con il loro sangue. La chiesa nascondendo la verità della
scienza, dell’evoluzione e dell’uguaglianza tra uomo e donna per paura che il suo
business perdesse potere, ha bruciato vive le persone che si opponevano a
questa dittatura culturale e attraverso un occultamento sociale e politico ha
controllato il corpo e le menti delle donne considerandole inferiori.
A sinistra e a destra della scena principale si
vedono rappresentanti del clero che indossano gli strumenti dell’inquisizione,
per centinaia di anni usati dalla chiesa stessa per torturare e umiliare le
persone: la maschera della vergogna e la carriola dei lavoratori forzati.
Chi esamina attentamente l’opera troverà
tantissimi dettagli, ognuno con uno significato specifico: Eva finalmente liberata
dalla sua colpa sale verso l’altare portando con sé un cesto di mele con il suo
serpente, ignorando le suppliche dei preti; le donne sedute sull’altare con i
simboli della scienza tramite i quali è possibile liberarsi dagli stereotipi, dogmi
e schemi sessuali imposti dalla chiesa; nel giudizio
universale dio è stato sostituito con Minerva, dea femminile; la giornalista è un mio autoritratto. Il metodo di datazione è stato riformato e si
riferisce non più all’anno di nascita di Gesù, ma all’anno di nascita della terra, il “Big
Bang Calendar”.
L’opera rende omaggio a Margherita Hack, astrofisica
e divulgatrice scientifica, a Samantha Cristoforetti, astronauta e aviatrice prima
donna europea comandante della Stazione Spaziale Internazional, e a Mahsa Amini,
donna iraniana uccisa per mano di una religione.
La fioritura raffigurata è un auspicio di
rinascita, liberazione ed evoluzione culturale.
La mia è un’opera di riflessione e protesta, un invito a ricordare per non dimenticare, un’accusa contro la
chiesa per un passato violento e crudele ma vuole anche richiamare l’attenzione
sul presente dove ancora oggi essa influenza la politica e gode di uno status
privilegiato anche in stati dichiarati laici come l’Italia.
Perché la
chiesa, le religioni odiano tanto le donne?