Verso
la fine del secolo passato (1995) i miei soggetti dipinti erano sempre
più corpi e volti che iniziano a deformarsi. Si mescolarono in me
tecniche, linguaggi e punti di vista differenti che andavano dal ‘500 al
‘900. Amo la Spagna delle corride, dipingo i toreri e il loro sangue,
fino a farne trasudare le tele. Credo di avere iniziato un percorso da
agnostico, miscredente iconoclasta, dipingendo visi, corpi e scene in
cui intravvedo iperboli di deformità. Qui è nato il mio linguaggio. Uno
stile identificabile come “iperrealismo visionario”.
Sempre più influenzato dai personaggi dei fumetti, dalle icone della
storia, del cinema e dell’arte, ma anche ispirato da volti sconosciuti
del quotidiano. Sono affascinato dalla sintesi tra tecnica e soggetto,
rivisitando e mutando tempi, scene e figure come Frankenstein, Capitan
America, Patty Smith, Moira Orfei, Innocenzo X, scene di Velazquez,
protagonisti delle opere di Rembrandt, fotografie di carcerati in
ospedali psichiatrici, lottatori di Sumo. I miei lavori, frutto di
improbabili visioni e minuziosa tecnica, credo siano metafore di un
umorismo sottile e tagliente.