Fin dall'infanzia Enrico scelse la matita rispetto al pallone da calcio, inizia così uno studio sul mondo naturale che lo circondava e animato dai tipici perché dell'infanzia trovava una risposta disegnando la realtà o mondo immaginifico dove il bimbo poteva vivere in un mondo parallelo dove le ingiustizie e il dolore non esistevano. Questo fece sì che fin dalla tenera età si distinse per le sue doti di disegno e per la sua attenzione ai particolari, al colore, fino a giungere alle scuole medie dove, i professori, Lo indirizzarono verso il liceo artistico promuovendolo, ma la famiglia lo dirottò verso una scuola di grafica. Enrico intraprese una via più pratica ma sempre puntando alla creatività più personale, un mestiere che lo appassionò, ovviamente prese la strada del graphic designer creativo, che lo portò a confrontarsi con realtà di tutto rispetto a livello nazionale lavorando per griffe italiane quali Alessandro Dell'Acqua, Blumarine, Trussardi, iceberg, Laura Biagiotti. Avendo rapporti diretti con le case di moda e con gli stilisti ha appreso molto da queste persone creative e fece suo tutto un modo di pensare a strati mirando al concetto.
Sembrava che la grafica gli andasse stretta, la sua creatività aveva bisogno di spazio, passava dal disegno a china alla scrittura di caratteri tipicamente grafici o gotici, all'acquerello, all'acrilico, l'olio su tela, alla scultura, alla fotografia, ai murales in ogni cosa Enrico vede molte cose; i sui dirigenti se ne accorgono e gli commissionano copie d'autore, che lui fedelmente riproduce, Nel 2000 si apre così una fase dove Enrico studia e si confronta con opere di Warhol, Liechtenstein, Haring seguita da una seconda fase di sue opere originali “C'è sempre una chiave di lettura che portano all'essenza delle cose”.
Il lutto improvviso per la perdita del padre blocca emotivamente l'artista che dopo due giorni dalla morte crea ultima opera dedicata al padre e poi depone i pennelli per un decennio. Trasferitosi a casa degli zii nel Miranese l'atmosfera distesa e creativa tranquillizza l'animo creativo di Enrico e grazie alla frequentazione dello studio di Ravà miracolosamente sblocca l'emotività del lutto e torna la voglia di creare; trasferendosi a Treviso torna a dipingere.
Magicamente tutti i pezzi tornano al suo posto la mano artistica, lo stile grafico, lo scatto, la macchia che sembra incompiuta Ma che ricorda quelle periferie abbandonate dove si trovava a camminare sognando boschi incontaminati dove camminando con il padre guardiacaccia immancabilmente gli faceva lezioni su fauna e flora.
Per il Enrico il sapere è leonardiano e non specialistico come il mondo moderno tende a formare, c'è un sottile filo conduttore che lega il tutto; le sue opere analizzano un soggetto sotto innumerevoli punti di vista in una catena di causa ed effetto che porta a spaziare nel sapere in tutta la sua interezza per passare una determinata consapevolezza a chi ammira l'opera, è un vero e proprio passaggio di informazioni alchemiche.
Creare per Enrico è un'esigenza Vitale ma il più delle volte si è accorto che sapere, vedere, sentire e cambiare-evolvere è un'opera collettiva.