C’è qualcosa che tutti ci riguarda nelle opere di Franco e ogni volta che le incrocio mi chiedo checosa sia. E mi trovo sempre davanti due possibili,entrambe virtuose, strade: il riutilizzo di ciò che èscarto e l’arcaicità del risultato ottenuto....
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C’è qualcosa che tutti ci riguarda nelle opere di Franco e ogni volta che le incrocio mi chiedo checosa sia. E mi trovo sempre davanti due possibili,entrambe virtuose, strade: il riutilizzo di ciò che èscarto e l’arcaicità del risultato ottenuto. Il primopensiero, lo ricordo bene, fu di pancia e mi portòalla Medea di Pasolini. Li vedevo lì i suoi gioielli,intorno al collo, intorno alla vita, alle caviglie,lungo le braccia e sulle dita di Maria Callas e nonmi sorprese, più tardi, scoprire che, insieme alleformidabili “sedute”, avevano reso ancora piùintensa un’altra Medea, interpretata in teatro daGiuliana Musso. Ciò che è arcaico ci riguarda tutti.Impossibile restarne indifferenti. Il filtro polverosodella ragione, di quanto conosciamo, di quanto cipiace e non ci piace viene saltato con un balzo el’immagine precipita dritta giù, dentro, verso zonesulle quali non abbiamo pieno dominio, zone piùinterne e meno esplorate.Nella mia disordinata esperienza ho potutoverificare un fatto: perché ciò avvenga, l’artista devefidarsi della propria incoscienza. Sapere, cioè, chepotrà controllare l’opera solo fino a un certo punto,facendo tesoro delle tecniche apprese. Oltre quelpunto c’è il caso, l’incidente, che va lasciatooperare, magari tenendolo d’occhio. Lasciare chefaccia un po’ lui.E, ancora, c’è l’incontro fortuito, in questo casocon l’oggetto che scatena tutto ciò che sarà. PerFranco questi oggetti sono lo scarto dello scarto,i sottopària della materia solida: cocci di cocci divetro, legni feriti e buttati, cinghie esauste, materialiche la farebbero finita da sé se solo ne avessero lapossibilità. Vederli, sentire che diventeranno re eregine, è già vivere in una dimensione nonordinaria. È una questione di attenzione verso ilmondo. La fantasia non c’entra nulla, anzi, è unostacolo. Franco li vede e li sente quei relitti.Poi li mette da parte. Sa che prima o poi scatteràuna seconda scintilla, un testa a testa che svelerà diquale bellezza quegli scarti fossero intrisi.Nell’equilibrio tra i fenomeni sopra descritti,può capitare che nascano opere che, appunto, cicolpiscono tutti senza possibilità di fuga. Al di làdella preparazione, della cultura, della geografiadi chi guarda. I gioielli qui esposti potrebberoappartenere alle steppe del Nefur, del deserto diThar o alla Patagonia. Ed essere di qualsiasi epoca:del Neolitico come di un tempo che verrà. L’arcaicoè ciò che è stato e anche ciò che sarà, è sempreattuale. Ed è pieno di silenzio.Moreno MiorelliStazione Topolò / Postaja Topolove