Fotografo fin da ragazzo, ho iniziato come ritrattista facendo book fotografici a modelle debuttanti da presentare alle agenzie, ma la mia vera passione era il reportage geografico, volevo rappresentare il mondo in maniera positiva, di guerre e catastrofi si occupavano...
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Fotografo fin da ragazzo, ho iniziato come ritrattista facendo book fotografici a modelle debuttanti da presentare alle agenzie, ma la mia vera passione era il reportage geografico, volevo rappresentare il mondo in maniera positiva, di guerre e catastrofi si occupavano già molti bravi fotografi.
Ho fotografato le manifestazioni giovanili degli anni ‘70 e partecipato a concorsi locali sulla montagna vincendo un paio di premi. Intanto sviluppavo la mia seconda grande passione per la natura studiando Geologia e laureandomi e in seguito cominciando a lavorare sul campo.
Fotograficamente ho incontra un maestro, che lezione dopo lezione mi ha insegnato i segreti del reportage e ho iniziato a collaborare con la rivista Atlante della De Agostini focalizzandomi sul Medio Oriente: ho pubblicato reportage sullo Yemen del Nord (I mangiatori di Kat), sono riuscito miracolosamente a entrare nello Yemen del Sud e scattare servizi fotografici interessanti. Ho poi pubblicato un reportage sul Ramadan in Siria e nella città di Damasco e i il primo reportage politico sulla diaspora armena nella città di Aleppo.
Nel frattempo ho insegnato Reportage Geografico al 3° anno di Specializzazione del Corso di Fotografia allo IED di Milano e pubblicato altri reportage sulla raccolta delle arance in Sicilia, e sulla vita in una piccola isola Indonesiana.
Il lavoro da geologo però mi ha portato lontano da Milano: ho vissuto tre anni in Algeria, poi per cinque anni in Egitto e successivamente per altri cinque anni in India dove ho tenuto una mostra personale presso l’Istituto di Cultura Italiano di Nuova Delhi su “Bundi e la sua scuola d’arte nel nord del Rajasthan”. Ho organizzato una mostra a Corfù chiamata “Le citta' invisibili” in cui le fotografie originarie venivano elaborate e stampate su tela come degli antichi tanka tibetani e a Milano ho partecipato a una mostra collettiva con delle foto sull’ India. IL lavoro da geologo mi ha poi portato ad Huston e in seguito a Karachi.
La mia passione per la fotografia continua ancora a chiamarmi e adesso, in un mondo dove la editoria è in forte declino, la fotografia artistica diventa molto invitante e una grande sfida da cogliere. Come la geologia si dedica alla scoperta delle “cose nascoste” così la mia ricerca fotografica si rivolge alle immagini dei “tesori nascosti”, e' tesa a cogliere il ‘non immediatamente visibile” con degli scatti che fermano gli attimi fuggenti in cui si esprime tutta la magia della natura.
I protagonisti delle opere che presento in questa sede sono luce acqua e vento nelle loro mutevoli interconnessioni. Gli elementi si mescolano e in un attimo formano immagini poliformi che un attimo dopo non esistono più. La velocità con cui queste interconnessioni cambiano è tale da renderle invisibili all’occhio umano. Abitualmente lo scatto fotografico ferma un momento, sempre unico, ma di cui in qualche modo si ha coscienza, queste immagini invece non possono essere realmente viste dall’uomo, si compongono e mutano intorno a lui vivendo una loro vita parallela. Le opere qui rappresentate sono tele astratte uniche e segrete: effimeri dipinti della natura, nascosti nel loro mondo, che solo la fotografia può portare alla luce.