Biografia
Aurora Vettori nasce nel 1993. Dopo aver frequentato il liceo artistico, si iscrive all’Università NABA (Nuova Accademia di Belle Arti di Milano) laureandosi nel 2017 in Scenografia. Durante il periodo liceale incomincia a partecipare a vari concorsi d’arte con i quali riceve premi e segnalazioni, nel 2012 vince il premio “10 migliori progetti” per il concorso scultoreo “Fai girare l’idea” di Villa Panza-FAI (VA) con conseguente mostra e pubblicazione in catalogo. Dal 2014 inizia a lavorare e collaborare con alcuni piccoli teatri e compagnie teatrali in Lombardia. Figlia di ceramista e da sempre affascinata e legata alla ceramica si concentra prediligendo la tecnica raku. Dopo la laurea frequenta un corso scultoreo su ceramica e resine presso l’Escola di ceramica della Bisbal (Girona, Spagna). Nel 2018 co-fonda Cracklera laboratorio artistico di ceramica che promuove workshop artistici in vari atelier. Nel 2019, dopo anni di sperimentazione, frequenta una master-class a Tokyo tenuta da un importante maestro di Kintsugi dove impara la tecnica tradizionale di quest’arte così lontana e profonda, che cambia interiormente e visivamente il suo percorso artistico dando un’impronta decisa e più consapevole ai suoi lavori.
Continua il suo percorso di crescita artistica partecipando a mostre e concorsi con installazioni, sculture e quadri che la rappresentano.
Il progetto
Il progetto pensato dall’artista è frutto di anni di sperimentazione e si basa su due tecniche principali legate alla
ceramica: la ceramica raku e il Kintsugi.
Queste tecniche hanno radici lontane e profonde, ma raccontano storie legate all’uomo immutabili nel tempo, dove l’intimo è anche una costante collettiva, dove il negativo dà forza a qualcosa di migliore come a ripercorrere le fasi della vita e il rigenerarsi di essa. Così gli opposti si fondono riportando nuova luce e il mettersi a nudo diventa segno visibile e conscio di forza e resilienza.
Le opere presentano spesso pezzi inglobati di altri materiali che portano storie dal passato, carichi ma leggeri.
La materia viva segue il suo corso ascoltando solo in parte chi la plasma e gli shock termici decidono loro dove creare crepe e rotture.
E il gesto del creare non ha tempo, diventa esso stesso terapia e cura che si manifesta nell’opera.
KINTSUGI
Kintsugi (kin – oro, tsugi – riparare) è una tecnica artistica tradizionale di restauro giapponese che risale alla fine del 1400, la cui filosofia è creare bellezza da crepe e difetti con l’uso di materiali nobili (oro, lacca Urushi specifica, tonoko polvere...) e tecniche ancestrali (carboncino di magnolia per levigare, bambù Funzutsu per applicare l’oro in maniera uniforme, agata per la lucidatura...).
Kintsugi è un’arte basata sulla pazienza, la meticolosità e la precisione nella quantità di materiali, di igrometria, temperatura e pennellata. Al fine di creare una nuova vita e un nuovo uso degli oggetti rotti.
Mi sono avvicinata a questa tecnica inizialmente per ridare vita a delle mie vecchie opere in ceramica che sfortunatamente si erano rotte alle quali mi ero dedicata molto e ed ero particolarmente affezionata, creando così ancor più una sinergia con esse. Il kintsugi per me, dal momento della messa in pratica, non è mai stato vissuto come una semplice tecnica di restauro ma come un continuo del mio processo creativo, un raggiungimento di qualcosa di più completo. Questo tipo di approccio meditativo e in continua evoluzione mi ha portato ad avere una maggiore consapevolezza del valore e del gesto del creare, nulla è posto a caso e il tempo è inevitabilmente diventato un alleato di guarigione e non più qualcosa da rincorrere o da dominare.
RAKU
Raku in giapponese significa “gioia di creare”. Raku è anche il nome che viene dato a una particolare tecnica di cottura della ceramica nata in Giappone a metà del XVI Secolo e strettamente legata alla filosofia Zen (che vuole riavvicinarsi ai quattro elementi naturali della vita: terra, acqua, fuoco, aria) ed alla cerimonia del tè.
È proprio dall’incontro di un grande maestro di questa disciplina con un ceramista di talento che a distanza di tanti anni, l’arte della ceramica Raku arriva in Occidente.
La tecnica della cottura resta ancora oggi la sostanziale differenza tra il raku e la ceramica tradizionale. L’ oggetto, sia esso tazza, vaso, ciotola o altro viene plasmato a mano con materiale refrattario, resistente cioè agli improvvisi sbalzi di temperatura (shock termico). Dopo una prima cottura, l’oggetto viene ricoperto di smalti colorati e ossidi metallici, si procede quindi alla seconda cottura e quando lo smalto raggiunge il giusto grado di fusione il pezzo viene estratto ancora incandescente dal forno e posto a raffreddare a contatto di elementi vegetali quali foglie secche, trucioli, segatura, in un recipiente metallico ermeticamente chiuso da un coperchio. Si ottiene così una privazione dell’ossigeno tale da causare modificazioni chimiche e fisiche sul pezzo conferendogli quei segni, quelle variazioni di colore dello smalto, quelle liquide bollicine che caratterizzano la ceramica Raku. Infine il pezzo viene immerso nell’acqua per interrompere il processo di riduzione, dando così origine a pezzi unici e irripetibili.